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La teatrocrazia Futurista

Una costante nel dibattiti sul cinematografo agli inizi del novecento è la preoccupazione che questi finisca con il sostituirsi allo spettacolo teatrale. Marinetti è dell’opinione che il cinematografo sua una forma di spettacolo concorrenti al teatro. Va detto che Marinetti era un attore innato; va sottolineato il suo talento da oratore e declamatore. Era spinto da un forte gusto dello scandalo e dall’aggressione: cercava non solo di provocare ma di contagiare l’auditorio perciò le sue rappresentazioni pubbliche vanno considerate veri e propri Speech acts direttivi. Per Marinetti l’azione scenica significava azione politica, esperienza artistica per agitare il pubblico e per aggredire la vita. Convinto che la scena fosse lo strumento ideale per condizionare i cervelli passatisti. Preferisce il gesto individualistico del teatro a quello collettivo del cinema. Sottovaluta le strategie dei mass media. 
Quello che interessa a Marinetti è il confronto diretto con il pubblico. La rivoluzione teatrale di Marinetti intrapresa nel periodo in cui il cinema si narratizzava, va interpretata come promozione di una nuova dialettica tra palcoscenico e platea. La provocazione futurista è da considerarsi in termini scandalistici e si propone anche come una necessaria regola del gioco teatrale. Altro punto fondamentale del programma teatrale di Marinetti concerne la libertà di improvvisare, inserire in qualsiasi momento della rappresentazione una sorpresa, una gag. Sullo schermo un tale rinnovamento continuo è escluso. I diversi aspetti confluiscono nella concezione del teatro come “laboratorio sperimentale” come luogo dove mettere in atto costantemente nuove idee, dove liberarsi da ogni tipo di restrizione. Con il mezzo teatrale Marinetti credeva forse di poter passare oltre le possibilità di quello filmico che si rivela deficiente in quanto bidimensionale e lineare.
Negli anni 30 Marinetti riconsidera l’uso del cinematografo. Nel manifesto “la radia” il cinematografo è condannato a morire in quanto infetto da immondizie passatiste. Nel 1938 Marinetti redige con Ginna un ultimo manifesto della cinematografia dedicando attenzione ai nuovi sviluppi tecnici. 
In generale si può dire che il futurismo è un movimento teatrale per definizione. Laddove il teatro rimane una forma verbale e statica, la specificità del mezzo filmico consiste nello svolgere le dimensioni della visualità e della dinamicità. Marinetti non sembra capire al contrario di un vero artista come Leger, che il cinema è l’età della macchine mentre il teatro l’età del cavallo.

La poetica del montaggio


Nonostante le riserve sulla fede marinettiana nel mezzo filmico è tuttavia possibile riscontrare nella sua dottrina un ricorso al procedimento del montaggio stricto sensu. Se si può avanzare l’idea che Marinetti teorizzi intuitivamente un nuovo linguaggio filmico è proprio perché il procedimento del montaggio è inerente alla sua poetica.

Il linguaggio paro libero di Marinetti costituisce una nuova scrittura. In tre manifesti si dedica alla letteratura futurista alla distruzione della sintassi, all’uso del verbo all’infinito. È per mezzo del montaggio di parole che il poeta riuscirà a liberarsi dalla prigione sintattica e finirà con il cercare una nuova scrittura. Adoperare un montaggio di parole, nel sistema di Marinetti vuol dire costruire analogie.
L’analogia si riferisce alla relazione di somiglianza fra due oggetti. La costruzione della metafora è analogica. La comparazione non effettua una sostituzione dei termini ma li mette l’uno accanto all’altro. La domanda è se si può considerare l’analogia come figura retorica indipendente come la metafora  o la comparazione.
Nella retorica di Marinetti l’analogia è privilegiata. Connesso al progetto di distruzione della sintassi il procedimento si riduce inizialmente all’analogia nominale, che consiste nell’accostare due sostantivi. Con il recupero parziale della sintassi, in particolare delle coniugazione e dell’uso dell’aggettivo, l’analogia futurista prende forme più varie come quella verbale. L’analogia originale rimane quella nominale: “giustapposizione di un sostantivo al suo doppio mediante trattino”. 
La tecnica marinettiana potrebbe definirsi un montaggio di sorprese che permette all’autore di conciliare l’inconciliabile.
I sostantivi di Marinetti sono accoppiati secondo una similarità esteriore (visiva o acustica) o un rapporto contenutistico: fox terrier-acqua il primo è trepidante la seconda ribollente.
L’idea di base è che i sostantivi doppi formano un immagine corrispondente alle nuove esigenze di velocità. Marinetti non sa addurre esempio concreti a tale funzione; esemplifica la sua teoria con analogie nominale e con analogie mascherate dalla sintassi originale. 

Analogia di Marinetti


In quanto tecnica dell’immagine l’analogia marinettiana è stata identificata come recupero dello stile simbolista o addirittura del barocco e come anticipazione dell’immaginazione surrealista.
L’analogia marinettiana riflette una nuova immagine del mondo (come la metafora barocca). L’analogia è lo strumento per rispondere alle nuove condizioni di vita che dirigono verso una simbiosi uomo-macchina. 
L’analogia futurista va messa in relazione a certe formulazioni di Baudelaire riguardante l’immaginazione artistica.
L’immaginazione è la regina delle facoltà, creatrice dell’analogia e della metafora organizza l’infinità delle immagini e permette all’uomo di percepire certa corrispondenze tra queste immagini, di leggere insomma con occhio sicuro nel dizionario dell’universo. 
Il mondo si offre ai futuristi come un insieme di parole formidabilmente espressive come un dizionario di immagini da cui scegliere. L’analogia marinettiana altro non è che una versione demistificata delle corrispondenze di Baudelaire. 
Qual è la rilevanza di Mallarmé? Benché Marinetti citi il capostipite simbolista questi esplora la voce dell’io. Con la distruzione dell’io Marinetti mira ad esaltare la psicologia intuitiva della materia verso una scrittura impersonale.
Questo distanziamento corpo cervello permette al poeta di dare spinta all’intuizione e di arrivare ad una successione infinita di immagini apparentemente distanti. 
L’originalità di Marinetti è di aver sviluppato non solo una teoria dell’immagine ma soprattutto una teoria delle immagini in sequenza. Non basta creare analogie, bisogna anche concatenarle. Marinetti propone di selezionare secondo il principio dell’immaginazione senza fili, immagini dal nostro magazzino mentale e di montarle in reti e concatenazioni continue. Mediante tali reti analogiche il poeta mira a tendere i movimenti successivi di oggetti. 
Una successione di analogie serve a tradurre il movimento della materia. Una scrittura analoga, basata sull’associazione e sulla giustapposizione di immagini distanti si ritrova nell’opera Eisenstein. Così come il montaggio intellettuale eisensteniano tende a tracciare lo sviluppo del pensiero le parole in libertà marinettiano mirano a rendere il dinamismo ininterrotto del pensiero.  Il montaggio intellettuale di Eisenstein vuole istigare un determinato pensiero nello spettatore, provocare una collisione di idee, suscitare nello spettatore uno choc intellettuale. Eisenstein riconsidera con il montaggio intellettuale il principio del montaggio delle attrazioni. L’accostamento di realtà lontane. Marinetti vuole produrre un dato effetto sullo spettatore, fa ricorso allo scandalo e alla provocazione per produrre un effetto choc. Ma il metodo dell’analogia non è efficiente come l’attrazione eisensteiniana.
Laddove l’analogia da luogo a giustapposizioni di termini, uniti a due a due; il cinema pensiero eisensteniano vuole creare a partire da due dati un significato nuovo.
Marinetti ricorre al principio del conflitto per creare analogie, si può supporre che da questi conflitti nasca, secondo il principio dialettico, un nuovo significato. La poesia futurista rimane una giustapposizione di immagini parallele contrariamente all’operazione del montaggio eisensteiniano che mira alla fusione dei concetti contrapposti.
Dal punto di vista tecnico il funzionamento del linguaggio poetico di Marinetti riflette quello del linguaggio filmico in quanto successione lineare di immagini. Il concetto di cinema intellettuale è fondato su procedimenti letterari, in particolare metonimia e metafora. Marinetti si basa sui principi del linguaggio filmico per sviluppare una nuova letteratura.
L’idea di fondere l’oggetto con l’immagine che esso evoca e di condensare ogni analogia in una parola essenziale porta Marinetti a teorizzare l’analogia in presentia e in absentia. Fin dall’inizio architetta una poesia composta da due termini. Marinetti propone di raccorciare le catene dei sostantivi doppi in catene essenziali. Se questo seguirsi illogico dei secondi termini venisse messo in immagine si otterrebbe una sequenza di cinema sperimentale. Nel manifesto “cinematografia futurista” il concetto di una poesia dei secondi termini non è ripreso come tale. Al cinema il secondo termine dell’analogia non deve necessariamente essere preceduto dal primo. 
Esempi di “analogie cinematografiche” in praesentia sono molte; si incontrano sin dall’inizio, l’effetto della sostituzione è alla base dell’analogia nel cinema primitivo: tale  trucco permette di accostare due entità distanti per creare un rapporto analogico. Come in VOYAGE DANS LA LUNE di Melies, un ombrello piantato sul suolo lunare si trasforma nel suo doppio un enorme fungo. La filmografia di Melies si rileva ricca di analogie femminili. 
Anche Eisenstein applica la tecnica dell’analogia animalesca. Applicazioni simili le ritroviamo anche nel cinema dadista e surrealista.
Le “analogie cinematografiche” in absentia sono più difficili da trovare poiché mancano del primo termine. Si può solo indovinare quale oggetto ha evocato come l’immagine dell’oca in Fantasmi del mattino di Hans Richter. 

Metafora filmica


Tutto ciò porta alla problematica della METAFORA FILMICA. Nella teoria cinematografica la questione della metafora è stata molto discussa. Sorta negli anni 20 nel contesto del cinema sovietico, la problematica fu ripresa da Jakobson nel suo saggio individuò la metonimia e la metafora come i due tipi fondamentali di struttura filmica. La distinzione tra il principio della contiguità e quello della similarità fondamentalmente verbale vale anche nel linguaggio filmico.
Negli anni 60 l’idea di metafora filmica è criticata da teorici come Mitry e Metz che partono dal presupposto che l’immagine fotografica nel cinema sia una rappresentazione letterale di oggetti.
Il vero problema dal punto di vista strutturalista è la questione dei diversi livelli di rappresentazione. Al cinema, tutte le cose sono sullo stesso livello il che esclude lo spostamento da un livello all’altro. Si può sostenere che i diversi livelli di significato, letterale e metaforico, possano coesistere più facilmente in un immagine. Marinetti mira a concentrare in una singola parola tutto ciò che un oggetto può evocare.
Dopo aver criticato la nozione di metafora filmica Metz si baserà sulla distinzione binaria di Jakobson per sviluppare una quadruplice classifica:
1)  Metafora messa in sintagma > analogia metaforica in praesentia
2)  Metafora messa in paradigma > analogia metaforica in absentia
3)  Metonimia messa in paradigma > analogia metonimica in absentia
4)  Metonimia messa in sintagma > analogia metonimica in praesentia
Sarebbe incongruo per il futurismo qualificare tutte le metafore e metonimie filmiche come applicazioni dell’analogia poiché non collegano cose distanti necessariamente; a volte vengono integrate logicamente in una catena narrativa. Conviene considerare l’analogia metaforica una forma deviante di metafora filmica, una specie di sottoclasse, riservata agli sperimentatori dell’illogicità narrativa. Le applicazioni più riuscite di analogie cinematografiche si incontrano nel cinema d’avanguardia parigina.
Questione ricorrente nel dibattito della metafora filmica è l’irreversibilità.  Clifton ritiene la metafora filmica una figura di fusione, non giustapposizione.
Carroll vede la differenza tra le metafore filmiche e quelle verbali nel fatto che le prime sembrano invitare alla lettura bidirezionale.
Con l’abolizione della sintassi Marinetti intendeva liberare le parole da qualsiasi costrizione, grammaticale e razionale. L’analogia futurista si basa su procedimenti irrazionali e intuitivi. Perciò non è da considerarsi l’archetipo della metafora ma una specie di sottoclasse della metafora canonica.  

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