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Analisi critica di "Caro Michele" e di "Lessico Famigliare" di Natalia Ginzburg

Analisi critica di "Caro Michele"


Nel romanzo "Caro Michele" pubblicato nel 1973 la scrittrice racconta non il presente, bensì si curva a ricordare ciò che è già accaduto, e oramai è divenuto passato. Si notano l'assenza di figure maschili in grado di sostenere il ruolo di padre e la perdita del senso della famiglia. L'autrice non assume un atteggiamento dolce o languido nei confronti della disgregazione della famiglia borghese, ma si mantiene fredda; non condanna i suoi personaggi ma li comprende.
I personaggi che ruotano attorno al protagonista Michele non riescono più a riconoscersi, forse perché pensano che non sia più il tempo di scambiarsi messaggi: "Ciascuno parla di sé o non parla affatto. Ciascuno vive nel proprio egoismo inutile e ingombrante. Ciascuno vanta ragioni taciute. Ma nessuna di queste ragioni o di questi egoismi ha uno scopo". C'è una chiara tendenza della Ginzburg a rifarsi a Pirandello per quanto riguarda lo sviluppato spessore psicologico dei personaggi e il vuoto della solitudine. Ad esempio il fatto che in una lettera Michele inviti esplicitamente le sorelle a non partecipare al suo matrimonio, atteggiamento che rivela come in realtà i sentimenti tra i personaggi siano ormai la conseguenza di un allontanamento fisico ma soprattutto interiore. Per Michele infatti i suoi familiari erano "gente che valeva poco".

L'utilizzo della forma epistolare, da parte della Ginzburg, non implica dunque l'esistenza di effettivo flusso di comunicazione. Il continuo scambio di lettere rappresenta il costante allontanarsi di Michele anche per quanto riguarda i legami familiari. Quindi la metafora del viaggio non solo in quanto movimento fisico ma specialmente interiore.
Le lettere si alternano con parti narrate in terza persona in cui è possibile notare sia lo stile quasi "telegrafico" sia un distacco dei personaggi dall'io narrante. Da notare il tono spontaneo e colloquiale del linguaggio epistolare, per cui sono frequenti le contraddizioni e i ripensamenti. Questo però non porta a più versioni dello stesso fatto, anzi, ogni versione conferma quanto detto in precedenza da altri. Qui la Ginzburg si allontana da Pirandello per il quale è impossibile pervenire ad una verità oggettiva.


Analisi critica di "Lessico Famigliare"


La narrativa di Natalia Ginzburg è caratterizzata in particolar modo dal tema della memoria. "Lessico famigliare" (con quella "g" di troppo ad indicare che parlerà appunto della famiglia) coincide con il pieno recupero della memoria; è basato sull'evocazione del passato, del passato dell'autrice ma soprattutto di tutte quelle persone che hanno fatto parte della sua vita. Nel romanzo non si trovano tanto i sentimenti dell'autrice, che fa da spettatrice agli eventi che coinvolgono la vita della sua famiglia, degli amici ecc., quanto i sentimenti di coloro che la circondano rievocati attraverso il ricordo. Ricordo che non può essere preciso ma solo parziale, perché chiunque di noi, rievocando un avvenimento della propria infanzia, non può ricordarne tutte le sfaccettature.

Un ruolo importante, all'interno del libro, lo svolgono le parole e le frasi del gergo familiare, quel gergo che rappresenta quasi un codice di riconoscimento per la famiglia della Ginzburg: "Noi siamo cinque fratelli […]. Quando ci incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti o distratti, ma basta, fra noi, una parola. […] Ci basta dire: "Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna" o "De cossa spussa l'acido solfidrico", per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti…" Così per la Ginzburg il tempo passa e separa gli uomini i quali, però, sono indissolubilmente uniti dai ricordi.
In questo romanzo si ritrovano tracce di Pirandello per quanto riguarda la doppia personalità, vale a dire l'io che vive e l'io che si vede vivere. Come i personaggi di Pirandello, così i personaggi dell'autrice presentano atteggiamenti contrastanti sia per il rapporto con il loro io che per il rapporto con il mondo esterno.
Esempi di questo sono il personaggio di Lisetta, amica della Ginzburg, che, essendo ormai diventata donna e mamma, vuole far credere a se stessa e agli altri di essere ancora la ragazzina spensierata di un tempo, rispondendo alle domande che le vengono poste sui bambini dicendo di non sapere dove li ha lasciati. Oppure Lola, anch'essa amica della Ginzburg, che tesse le lodi del marito di fronte agli amici quando questi è assente, ma lo rimprovera per ogni minima cosa quando è presente, quasi a voler dimostrare di essere una donna forte e di sapersi imporre. O ancora il professor Giua, che viene arrestato per motivi politici sorprendendo tutti che lo vedevano sempre come un uomo: "posato, tranquillo e riflessivo".
Si può dire, dunque, che Natalia Ginzburg trova nella scrittura un modo per esplorare in se stessa e nell'animo di amici e parenti, per capirsi e capirli.

Tratto da NATALIA GINZBURG di Annamaria Martinolli
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