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Ludovico Ariosto: Orlando Furioso

Canto I (L’argomento del poema)


- “proposizione” (temi di cui il poeta si propone di trattare) azione epica- azione sentimentale- azione celebrativa
- “invocazione” alla sua donna (Alessandra Benucci)
- “dedica” (lodi smisurate al cardinale Ippolito d’Este)
- Riassunto avvenimenti principali (presentazione personaggi di Angelica, Orlando, Rinaldo)


(La fuga di Angelica)


- Fuga di Angelica dalle tende cristiane e incontro con Rinaldo (paragone timida pastorella innanzi a serpe crudo) – ripresa di Dante per i momenti drammatici e di Petrarca per quelli idillici
- Angelica lo evita e fugge per la selva ma dopo poco incontra al fiume Ferraù, principe pagano
- Ferraù, anch’egli innamorato di Angelica, sfida Rinaldo a duello
- I due si accorgono che Angelica è fuggita e decidono di mettersi insieme sulle sue tracce
- La strada si biforca e Rinaldo procede da un lato, Ferraù dall’altro
- Ferraù si ritrova però al punto di partenza, al fiume presso il quale prima stava cercando il suo elmo e ricomincia la ricerca   
- Dalle acque appare il fantasma di Argalia (fratello di Angelica da lui ucciso in battaglia e proprietario dell’elmo perso) che gli ricorda di come egli abbia rotto fede alla promessa di restituirgli l’elmo e lo invita a cessare la ricerca mettendosi piuttosto sulle orme di Orlando
- Rinaldo nel frattempo si ritrova abbandonato dal suo destriero Baiardo che improvvisamente fugge via


(La verginella è simile alla rosa)


- Angelica impaurita continua la sua fuga da Rinaldo (paragone con una piccola daina o capriola che fugge dal ghepardo) e giunge in un boschetto dove decide di riposarsi
- Dopo poco giunge nello stesso luogo Sacripante, re di Circassia giunto in Occidente per amor di Angelica, che siede e inizia a piangere e disperarsi perché sa che la donna amata ha abbandonato la sua terra per recarsi in Occidente assieme ad Orlando (“la verginella è simile alla rosa”) – paragone catulliano della rosa, topoi petrarcheschi
- Angelica ha ascoltato le sue parole e gli si presenta innanzi cercando di ingraziarselo per ottenere la sua protezione da Rinaldo
- Angelica lo rincuora affermando che mai Orlando approfittò di lei durante il loro viaggio
- Sacripante decide allora di non lasciarsi sfuggire quella occasione propizia ma ben presto un rumore dal bosco vicino lo costringe ad indossare le armi e rimontare a cavallo


(Bradamante)


- Un cavaliere dal “bianco pennoncello” (Bradamante) si fa incontro a Sacripante e con lui si scontra
- Lo scontro è cruento, il cavallo di Sacripante soccombe e il cavaliere si ritrova a terra
- Il cavaliere vincitore abbandona il campo e fugge via non rivelando la sua identità e Sacripante rosso di vergogna per la sconfitta viene consolato da Angelica
- Un messaggero che era alla ricerca di Bradamante passa di lì e rivela a Sacripante che egli è stato battuto da una guerriera donna, Bradamante appunto, sorella di Rinaldo
- Sacripante e Angelica montano a cavallo ma il loro percorso viene ostacolato da un cavallo che gli si fa incontro: è Baiardo, il destriero di Orlando
- Baiardo inizialmente non si lascia avvicinare da Sacripante ma riconosce Angelica e da lei sola si fa domare
- Sacripante e Angelica vengono raggiunti da Rinaldo che procedeva a piedi e, nonostante Angelica preghi Sacripante di fuggire, egli vuole rimanere e combattere


Canto IV (Il castello di Atlante)


- Descrizione del castello di Atlante
- Bradamante si impadronisce del magico anello di Angelica sottraendolo a Brunello, servo del re di Fiessa (inviato a recuperare Ruggiero, guerriero fondamentale per risollevare le sorti dei saraceni)
- Con l’anello Bradamante può incamminarsi sulla montagna verso il castello che custodisce l’amato Ruggiero
- Il mago Atlante le si fa incontro a cavallo dell’ippogrifo [cavallo+grifone (aquila+leone)] senza armi e con in una mano il suo magico scudo ricoperto da seta vermiglia e nell’altra il suo libro di incantesimi
- Bradamante, grazie al potere dell’anello fatato, non può essere ingannata tuttavia finge di soggiacere agli incantesimi del ma
- Atlante, dopo aver “giocato” con Bradamante come fa il gatto con il topo, sferra l’ultimo colpo decisivo scoprendo il suo scudo la cui vista abbatte ogni avversario
- Bradamante finge di rimanere folgorata e si getta a terra come colpita aspettando che il mago le si avvicini
- Facilmente Bradamante sorprende e atterra il mago ma alla vista di un vecchio inerme cessa ogni intenzione di infierire ulteriormente su di lui- penetrazione psicologica di Atlante, personaggio negativo solo in apparenza
- Atlante confessa di aver custodito Ruggiero, da lui allevato come un figlio, dai pericoli della guerra e dal destino che lo attendeva (la futura conversione) facendo sempre attenzione che nulla gli mancasse
- Il mago prega la guerriera di lasciargli Ruggiero e in cambio le offre il magico scudo e l’ippogrifo ma Bradamante non accetta   
- I due si recano verso il castello e il mago viene costretto a liberare i prigionieri: con un incantesimo il castello e il mago stesso spariscono e i prigionieri sono liberi
- Bradamante ritrova così il suo Ruggiero e con lui scende a valle dove li attende l’ippogrifo
- Ruggiero lascia il suo cavallo Frontino e, salito a cavallo dell’ippogrifo, vola via lontano verso il suo destino
- Bradamante porta con sé Frontino sperando di poterlo un giorno restituire a Ruggiero


Canto XI (Olimpia)


- Orlando giunge allo scoglio dove è legata Olimpia e vede che sta per essere divorata dall’orca secondo il sacrificio
- Intenzionato a salvare la fanciulla, che lui crede Angelica (in realtà già liberata da Ruggiero), si dirige su una barchetta verso di lei
- Orlando getta l’ancora nella bocca dell’orca che così rimane aperta e permette al paladino di entrare con la spada al suo interno e ferire l’orca ripetutamente per poi trascinarla con violenza dalla corda dell’ancora fino a che essa, sfinita, soccombe prima di giungere a riva (descrizione delle divinità marine che fuggono terrorizzate)
- Gli abitanti di Ebuda che avevano assistito alla scena, temendo una ripercussione da parte del dio del mare Proteo, si scagliano rabbiosi contro Orlando
- Orlando riesce con facilità a sostenere e domare l’attacco ed assiste all’assalto improvviso dei sudditi di re Oberto (gli Irlandesi) agli abitanti di Ebuda
- Giunto allo scoglio per liberare la donna, Orlando riconosce in lei Olimpia, moglie abbandonata del paladino Bireno, e le chiede il perché di questa sua sorte
- Olimpia lo ringrazia per averla salvata da una morte tanto cruenta ma afferma comunque di desiderare la morte come unica tregua alla sua sofferenza


Canto XIX (Angelica e Medoro)


- I due saraceni Cloridano e Medoro vagano per il campo di battaglia alla ricerca di un luogo per seppellire la salma del loro re Dardinello
- Cloridano, accortosi di essere fuggito abbandonando l’amico Medoro, si ferma e osserva l’amico circondato ormai dai cristiani a cavallo
- Nascosto tra i cespugli Cloridano uccide tre cavalieri
- Il capitano cristiano Zerbino si rivolge pieno d’ira a Medoro ma, vedendone il bel volto, è preso da pietà e non l’uccide
- Medoro gli chiede di lasciargli seppellire il corpo del suo re ma mentre il pagano supplica Zerbino un cavaliere lo ferisce gravemente
- Zerbino, credendo Medoro morto, si rivolge in modo brusco verso il “cavalier villano” che però riesce a sfuggirgli
- Cloridano che ha assistito alla scena, esce allo scoperto e affronta con la spada i cristiani più per morire che per vendicare adeguatamente l’amico. Ferito mortalmente cade accanto a Medoro
- Frattanto giunge Angelica che vede il giovane pagano languire ferito; presa da pietà si appresta a cercare delle erbe medicinali per curarlo
- Ritornando verso Medoro, incontra un pastore che le offre il suo aiuto
- Angelica, medicata la ferita, invita il giovane a seguirla a casa del pastore dopo il seppellimento di Cloridano e Dardinello   
- Nella umile casa Medoro è curato da Angelica che rimane con lui finchè la piaga si sana ma in un tempo assai più breve ella si ammala di una piaga ben più grave: quella dell’amore
- I due celebrano le loro nozze a casa del pastore e lasciano per ogni dove scritte che ricordano la loro felicità
- Si congedano quindi dal pastore e da sua moglie donando loro il prezioso bracciale che Angelica portava e che le era stato donato da Orlando
- Si dirigono verso la Spagna per imbarcarsi per il Catai ed è qui che si imbattono, senza essere riconosciuti, nel misero Orlando già in preda alla follia


Canto XXIII (La pazzia di Orlando)


- Orlando giunge lungo le rive di un ruscello per riposarsi ed è qui che vede delle incisioni fatte su alcuni arbusti: sono i nomi di Medoro e Angelica incisi nelle cortecce degli alberi dai due innamorati
- Orlando pensa, ingannando se stesso, che non si tratti della sua Angelica , oppure che ella usi chiamare lui col soprannome Medoro   
- Giunto in una grotta vede altre scritte, questa volta in arabo, lingua che purtroppo lui conosce quasi quanto il latino
- Straziato dal dolore cerca di convincersi che non sia vero quello che legge
- Salito in groppa al suo cavallo Brigliadoro, giunge in una casa poco distante e si fa ospitare. Si tratta della stessa casa in cui Angelica aveva curato Medoro e se ne era innmorata ed anche lì ritrova le stesse incisioni che gli hanno ferito il cuore
- Orlando non vuole chiedere al padrone di casa spiegazioni riguardo a quelle scritte ma è lo stesso pastore che, vedendolo triste, gli racconta la storia dei due innamorati
- Il paladino, trovata conferma ai suoi dubbi e saputo del matrimonio di Angelica con un semplice fante, inizia ad odiare quella casa ed i suoi padroni
- In un attimo è nuovamente nel bosco e qui, sicuro di essere solo, comincia a lamentarsi e piangere per il dolore
- Dopo quattro giorni di immobilità e di silenzio, si strappa di dosso l’armatura e i vestiti ed in preda alla follia comincia a sradicare alberi ed arbusti come se fossero erbette, quindi tratta la spada spezza in mille schegge le pietre incise
- È tale il fracasso che provoca che tutti i pastori del luogo, abbandonati i greggi, accorrono a vedere cosa stia succedendo


Canto XXXIV (Astolfo sulla luna)


- Astolfo, paladino figlio del re d’Inghilterra e cugino di Orlando, raggiunto il Paradiso terrestre è accompagnato dall’evangelista Giovanni sulla luna dove si trova il senno di Orlando
- In un’enorme valle sono raggruppate tutte le cose che vengono perdute sulla terra, per la Fortuna, per il tempo o per errore
- Le cose hanno forma diversa e irriconoscibile ma Astolfo riesce a distinguerle grazie alle spiegazioni della sua guida
- Vi sono antichi regni trasformati in gonfie vesciche, ami d’oro e d’argento sono i doni fatti ai potenti per ottenere favori, lacci nascosti tra ghirlande sono le adulazioni nascoste dalle lodi. Sotto forma di cicale scoppiate vi sono i versi scritti in lode dei signori, i servigi dei cortigiani hanno l’aspetto di bottiglie rotte che vengono abbandonate e le bellezze delle donne sono trasformate in bastoni ricoperti da vischio
- Il senno degli uomini è un liquido contenuto in varie ampolle; di queste la più grande comtiene il senno di Orlando
- Astolfo trovata la sua ampolla nel aspira il contenuto e poi, raccolta l’ampolla del cugino, si dirige con la sua guida verso un palazzo situato accanto ad un fiume
- In ogni stanza vi sono batuffoli di lino, cotone, lana e seta che vengono filati dalle Parche:  una vecchia li fila senza distinzione (vita naturale degli uomini), l’altra vecchia invece distingue e separa i fili brutti da quelli più belli (vita morale degli uomini)   
- Sui batuffoli vi sono delle piastrine metalliche con su scritti i nomi degli uomini e che vengono continuamente portate via dal palazzo da un vecchio che non è mai stanco del suo lavoro: il Tempo


Il narratore e l’ironia


Il narratore non scompare dietro i canti, ma impiega gli esordi (e altri momenti del racconto) per intromettersi nell'opera e giudicare, e commentare, anche alla luce della sua ideale biografia: compaiono, così, nel poema, i fatti contemporanei e la moralità cortigiana (donne, signori ecc.).Questi esordi (e anche tanti interventi in mezzo al racconto) sono detti con lieve sorriso ironico. Il significato sta in questo: il poeta vuole costantemente ricordare ai lettori che sta raccontando una favola, ma una favola che è similitudine del mondo reale: il lettore non deve prenderla sul serio fino in fondo, perché è una favola, ma guardare, attraverso di essa, il mondo reale.Giovano a questo proposito anche i continui abbassamenti di tono verso il quotidiano e il contemporaneo e i momenti in cui l'autore finge di non sapere qualcosa del personaggio: è il riportarci alla realtà e alla coscienza della mutevolezza, problematicità, pluralismo della realtà (mai conosciuta veramente da noi).

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