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Rapporto economia-ecologia

Il rapporto industria-territorio è aumentato in maniera esponenziale a partire dal secolo scorso. L’economia incide sull’energia (per produrre ho bisogno di energia) e viceversa (per fare energia ho bisogno di economia). L’ecologia è influenzata dal discorso energetico perché certe forme di produzione di energia causano una ricaduta sull’ambiente e, al contrario, lo studio dell’ecologia ci permette di migliorare le risorse energetiche. Il rapporto diretto economia-ecologia vede una prevalenza, in termini di attenzione, verso l’economia.
PIL: capacità di crescita, quanto produciamo.
Se non ci fosse una pianificazione ambientale, il rischio sarebbe che l’economia prevalga sull’ecologia e l’ambiente diventerà sempre più degradato.

Diagrammi di Held e Clauson

Sono stati disegnati negli anni ’70: hanno fatto un ragionamento sulle risorse rinnovabili e non, cercando di spiegare il problema gestionale.
Risorse non rinnovabili: facendo un utilizzo indiscriminato del petrolio, nel futuro sarà azzerato; utilizzando politiche di conservazione posso avere due effetti positivi: ne uso di meno e inquino di meno e dall’altra parte dura di più (curva di conservazione) però devo compensarlo con una risorsa rinnovabile.
Risorse rinnovabili: consideriamo il legno; partiamo da una quantità iniziale e tendiamo al futuro: possiamo avere uno scenario catastrofico utilizzandola in modo indiscriminato, oppure possiamo avere una quantità costante di biomassa (andamento naturale); taglio quel tanto che la natura è in grado di recuperare lasciando la biomassa invariata, oppure per un certo periodo faccio incrementare la biomassa (andamento migliorato) e poi inizio a sfruttare lasciando la biomassa invariata. Possono poi esserci interventi di diverso carattere (per esempio, eliminazione di specie alloctone) per abbassare la biomassa e riprendere la corretta gestione.
Il PIL purtroppo non tiene conto delle ricadute economiche che si hanno sull’ambiente.
In Italia è necessario fare i Piani Regolatori Comunali (legge urbanistica n° 1150 del 1942).
Il punto di partenza per la pianificazione territoriale è il Piano Regolatore Generale Comunale (PRGC), che ha lo scopo di regolare l’assetto e l’incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo urbanistico in generale sul territorio.
Questo è stato un dramma per le amministrazioni locali perché prima era tutto più semplice. Il legislatore parla per la prima volta di Piani Territoriali di Coordinamento (PTC), in quanto coordinano le scelte territoriali; in questo modo si evita il caos totale.
Il PTC ha vigore a tempo indeterminato e può essere solo variato a livello centrale. I comuni, il cui territorio sia compreso del tutto o in parte nel PTC, sono tenuti ad uniformare a questo il PRGC. Il PRGC    deve considerare la totalità del territorio (prima si parlava solo della parte urbanizzata) e deve contenere la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navali, con la precisazione delle zone destinate all’espansione dell’aggregato urbano (zonizzazione), spazi di uso pubblico, opere di interesse sociale (vengono definiti i vincoli da osservare in ogni zona). L’approvazione di un PRGC è un processo giuridico. In Italia ci sono circa 8800 comuni.
Dal PTC si sviluppa il concetto di Piano Territoriale Provinciale (PTP), quindi con ambito provinciale; 1948 costituzione, Piano Territoriale Regionale (PTR).
Regioni a statuto speciale: Sicilia, Sardegna, Trentino, Friuli e Valle d’Aosta hanno una totale autonomia di farsi le leggi, che non siano concorrenziali con quelle dello stato.
Nel 1970 vengono istituite le regioni a statuto ordinario, le quali hanno sempre competenze legislative, ma più controllate e limitate. Le provincie di Trento e Bolzano si comportano come se fossero indipendenti perché hanno potere legislativo.
Questi piani però contengono altri strumenti di pianificazione.
Esiste una gerarchia dei piani: PTR → PTP → PRGC. Il dettaglio dei piani è totalmente diverso. Devono tenere conto di diverse problematiche, ad esempio esiste una normativa sulla tutela del paesaggio.
- Piano Paesistico (PP): regola il rapporto tra cittadino e paesaggio e tende a salvaguardarlo (anche opere artistico-culturali).
- Piani di Bacino (PdB): (1989) va ad interferire con tutti gli altri piani ed ha valore superiore.
- Piani di Area (PdA): riguardano le aree naturali protette.
- Piano di Assestamento Forestale (PAF): tende ad assestare il bosco, in modo tale che sia a posto dal punto di vista naturalistico e della biomassa.
- Programma: strumenti che leggono la struttura sociale del territorio (Programmi socio-economici); dobbiamo conoscere come questo territorio è vissuto, frequentato, come si comporta la popolazione; si basa sui censimenti che si fanno ogni 10 anni. Ci servono per capire come bisogna gestire il territorio (demografia, sanità, istruzione, artigianato, commercio).

Lo studio dell’ambiente fisico e naturale mi porta a definire delle mappe. Più è piccola l’area di studio e più dettagliata sarà la lettura che facciamo. La dimensione del territorio che andiamo a studiare influisce sul dettaglio della cartografia. Si possono usare strumenti di fotografia aerea e satellitare, google-maps, google-Earth. L’elemento e immediato però sono le aereo-fotografie, che ci consentono di disegnare gli aspetti fisici del territorio in modo preciso.
Disegnato il territorio devo riportare gli aspetti naturalistici: la presenza vegetazione posso vederla anche dalla foto aerea, però non individuo la sua struttura, mentre assolutamente non leggibile da una foto aerea è l’aspetto faunistico, che viene incaricato a esperti.
La lettura ecologica del territorio mi porta ad avere una serie di carte tematiche, sulle quali riesco a definire un dettaglio sulla struttura complessiva del territorio. Per adesso abbiamo soltanto una conoscenza sullo stato e l’uso attuale del territorio sotto il profilo ecologico, ma non ho ancora fatto pianificazione. Possiamo fare una lettura socio-economica, una lettura storico-culturale e l’evoluzione del territorio e la sua struttura attuale in base alla storia. Vado a studiare la diffusione architettonica, artistica, delle abazie e chiese,  come si è costruito nell storia in base alle delle caratteristiche del territorio, che vanno valorizzate e integrate nel sistema ambientale. Vediamo il paesaggio sia dal punto di vista naturale, sia da quello antropico, dove troviamo strutture che fanno parte esse stesse del paesaggio (Superga sulla collina di Torino). Bisogna però considerare lo sviluppo urbanistico condizionato dalla storia sociale del territorio.
Dopo aver disegnato carte tematiche, posso avere un’ottica generale e iniziare a fare qualche previsione. La pianificazione non ha mai termine. A questo punto inizio a fare pianificazione, il che significa incrociare i dati che ho acquisito, valutando una serie di elementi e prevedere le influenze degli interventi sui vari aspetti. Deve esserci un “diritto di veto”, cioè ognuno porta le proprie conoscenze.
Gli incroci mi consentono di fare la verifica delle vocazioni (ogni territorio ha la sua vocazione che è determinata dalla sua struttura); se un territorio ha una vocazione specifica, questa deve diventare l’elemento di riferimento della pianificazione: se c’è un paesaggio particolare, la pianificazione sarà portata a mantenere e preservare quel paesaggio.
Danno economico conseguente: posso prevedere di fare un’opera che avrà costi e benefici e devo valutare se quest’ultimi sono uguali o superiori ai costi, in caso contrario ricadiamo nel danno economico conseguente. Il beneficio deve essere valutato su scala futura, non immediata: se facessimo un’operazione che avrebbe un beneficio immediato senza valutare i costi futuri, negli anni successivi ci troveremmo a pagare i costi di quell’operazione.
Bisogna valutare compatibilità e incompatibilità delle scelte che sto facendo: la mitigazione mi abbassa il livello dell’impatto, mentre la compensazione non va ad abbassare l’impatto, ma va a compensare da un’altra parte.
- Valutazione di Impatto Ambientale (VIA): sistema per valutare se un’opera è compatibile o no in un determinato contesto territoriale ed è riferita ad un singolo intervento.
- Valutazione Ambientale Strategica (VAS): è riferita agli strumenti di pianificazione, ai piani e ai progetti di grandi dimensioni e mi va a leggere l’impatto determinato da un certo tipo di programma o complesso di interventi (per esempio i Giochi Olimpici di Torino).
- Valutazione di Incidenza: riguarda i SIC.

Fatto questo tipo di ragionamento inizio a disegnare su quella carta gli obiettivi naturalistici, le destinazioni e gli interventi compatibili, quindi inizio ad avere u  programma di pianificazione. Questo piano per avere validità dovrà essere portato alla Regione se è un  PTR, alla Provincia se si tratta di un PTP, ecc… La scelta politica non può essere fatta contro la legge vigente. La legislazione ambientale può essere modificata, però non posso andare contro i suoi limiti. L’approvazione del piano passa attraverso una procedura amministrativa, da quel momento ha validità a tutti gli effetti: non si può costruire dove il piano lo vieta, mentre dove lo consente entra in gioco la pubblica amministrazione che decide se si può fare.

Carta della capacità d’uso del suolo

La Carta sulla capacità d’uso del suolo mi traduce, in termini cartografici, la capacità del suolo di produrre un prodotto agricolo. Capacità d’uso è un concetto energetico perché un  suolo è considerato tanto più fertile (capace) quanta meno energia devo aggiungere per ottenere un prodotto finito.
La carta base che devo avere a disposizione dipende dal piano che devo fare. Devo reperire le strisciate aero-fotografiche che hanno un dettaglio maggiore rispetto alle foto satellitari, perché con la foto interpretazione riesco a descrivere gli aspetti fondamentali per la mia cartografia.
Sono importanti le carte geologiche che mi danno un’informazione strutturale del territorio e del suolo. La carta del clima è importante perché il clima influenza la capacità del suolo. Inizio quindi a costruire una carta con diversi colori che mi evidenziano vari aspetti.
Campagna pedologica: si basa sulla programmazione di itinerari (devono essere organizzati in modo tale da avere rilevamenti efficaci) e l’intensità di rilevamento dipende sempre dal livello di dettaglio che voglio dare alla carta. Faccio un’analisi strutturale dei singoli suoli, dando delle valutazioni di carattere numerico ad ogni suolo, attraverso la codifica delle limitazioni, che hanno una scala che va da 0 a 3 (massima limitazione). Considero la pietrosità, infatti un suolo pietroso è una limitazione per la fertilità; un’altra valutazione la si fa alla pendenza (un suolo in pendenza ha più limitazioni); considero l’erosione del suolo (l’erosione severa è una limitazione); l’inondabilità che è legata al rischio idrogeologico; il clima valutando le precipitazioni.
Tutte queste valutazioni portano alla stesura di una tabella. La tessitura del suolo viene invece valutata tramite percentuale delle varie frazioni granulometriche, infatti un suolo estremamente sabbioso corrisponde ad una massima limitazione (triangolo della tessitura).
Alla fine avremo una somma di valutazioni che mi permette di avere 8 classi di fertilità per costruire la mia mappa. La prima classe è la più fertile perché ha meno limitazioni.
A questo punto devo fare un’operazione di controllo andando a rivedere le fotografie aeree, leggendo i dati bibliografici e andando a raccogliere le informazioni locali dagli agricoltori. Dopo di questo abbiamo costruito la carta tematica sulla capacità d’uso del suolo.
Osservazione: laddove c’è una limitazione di classe 3 o 4, la viticoltura va privilegiata; anche le risaie sono poste su terreni limitati, in quanto fortemente impermeabili perché vengono soddisfatte le condizioni ottimali per la pianta.
Attribuiamo poi a ogni classe una classe agricola o forestale.
Un’altra carta, che viene costruita con lo stesso percorso è la Carta forestale, che mi indica le aree forestali con le specie prevalenti che mi servono per capire come gestire certe realtà sul territorio.
Il solo bosco relitto in Piemonte è il bosco della Partecipanza di Trino (VC). La carta forestale si costruisce attraverso campagne forestali che consentono di disegnare la struttura. La scala del colore mi da la copertura di ogni specie prevalente. Incrocia anche i dati sulla capacità d’uso (per esempio il faggio con la classe 5), c’è quindi corrispondenza tra le specie e la capacità d’uso del suolo.
Il bosco della Partecipanza è rimasto per ragioni storico-culturali. Intorno all’anno 1000 gli abitanti di Trino tagliavano il bosco per il fabbisogno e poi lo lasciavano ricostituire per 20 anni (primo esempio di gestione forestale).
- Carta del rischio idrogeologico.
- Carta del rischio sismico.
- Carta climatica.
- Carte faunistiche: ci interessano perché ad ogni presenza faunistica corrispondono ambienti diversi, ogni specie si è adattata ad un determinato ambiente e mi può dare informazioni sullo stato di salute dell’ambiente. La carta di distribuzione degli ungulati, per esempio, mi serve per controllare il cinghiale. Sono utili anche le rotte migratorie degli uccelli.
Controllo della qualità delle acque: indice IBE (Indice Biologico Esteso).
- Carta storico-culturale: beni culturali presenti sul territorio (ogni pallino rosso corrisponde ad un bene ad alto interesse).

Tratto da PIANIFICAZIONE AMBIENTALE di Marco Cavagnero
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