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Tutela del paesaggio

Legge 29/06/1939 n° 1497 – “Tutela dei beni paesaggistici”

È stata fatta una distinzione tra i beni di natura antropica e i beni naturali.
Stabilisce due principi fondamentali:
  1. la tutela del paesaggio;
  2. il paesaggio deve essere oggetto di un’attenzione gestionale particolare che ne permetta la conservazione.
La tutela avviene attraverso un controllo istituzionale con la previsione di rimandare la valutazione degli interventi sul paesaggio al Ministero della cultura. L’obiettivo della normativa era di affidare alle singole sovrintendenze di controllare la gestione del territorio. Il proponente presentava un’istanza col progetto alla sovrintendenza competente, che lo esaminava approvandolo o respingendolo (o approvandolo con prescrizioni).
Le singole sovrintendenze devono individuare le aree di valore paesaggistico che sono state “perimetrate” e sottoposte al “vincolo paesaggistico”. Il limite di questa legge sta nella procedura perché, avendo tante sovrintendenze sparse per il territorio, la valutazione estetica era del tutto soggettiva.
Il secondo passaggio consiste nel trovare una procedura di riferimento che mi permetta di fare valutazioni più oggettive verso ogni paesaggio.
La legge prevede la realizzazione dei Piani paesistici.

Legge 08/08/1985 n° 431 – Galasso

Il paesaggio è individuabile attraverso valori oggettivi o decreti ministeriali?
Il paesaggio è bello perché è bello, quindi individua tutte le categorie “belle”, che sono tutte le aree sottoposte al vincolo della 1497 senza perimetrazione (boschi, corsi d’acqua, laghi e specchi d’acqua, le Alpi dai 1600 m in su e gli Appennini dai 1400 m in su); il vincolo si estende per 150 m dal limite del corso d’acqua. Per tutte queste aree le valutazioni devono essere condotte dalla regione.
L’aver individuato e inquadrato delle categorie di aree non esclude la soggettività della valutazione, quindi anche in questo caso diventa essenziale trovare degli strumenti di valutazione oggettivi.
Galasso ha colto questo problema mettendo l’obbligo della pianificazione paesistica delle aree sottoposte a vincolo a carico delle regioni; il piano infatti deve contenere i criteri generali per la valutazione. Per esempio, il parco della Mandria è recintato da un muro e nel 1958 viene proposto come area di interesse paesaggistico (vincolo della 1497); la Fiat voleva costruire la pista di prova nel parco e la sovrintendenza approva il progetto affermando che non ha un grande impatto sul paesaggio.
La soluzione è stata quella di obbligare le regioni a dotarsi di un Piano paesistico regionale, dando degli indirizzi e prescrizioni di carattere generale.

D.lgs. 42/2004 – Testo Unico sui beni culturali e ambientali

L’elemento fondamentale è stato quello di costituire un testo unico, unendo le procedure sui beni culturali e ambientali.
La competenza è nazionale, le regioni sono subordinate. Viene riproposto l’elenco delle aree della 431, le cui procedure vengono rese più oggettive.
Stabilisce che il Piano paesistico si sostituisce a qualsiasi altra prevenzione pianificatoria presente sul territorio (PTR, PTP, PRGC, Piano dei parchi, ecc…).
Prevale il piano del parco o il piano paesistico? I piani paesistici sono prevalenti sui piani dei parchi (la legge 394 diceva il contrario). La soluzione sarebbe che il Piano del parco assumesse anche valore paesistico. “Il paesaggio non è più soltanto un aspetto estetico, ma anche ambientale” (Galasso 1985).
L’obiettivo fondamentale per la conservazione del paesaggio è quello di arrivare a criteri di valutazione e norme attraverso il piano paesistico. Non esiste una cronologia tra PTR, PTP, ecc..., ma possono essere elaborati secondo i tempi delle singole amministrazioni.
Piani paesistici → il sistema si completa con altri strumenti.
Piani d’area dei parchi.
Piani di bacino → sono piani territoriali di una certa grandezza. Derivano dalla legge 183/1989, la quale stabilisce che i bacini devono essere tutelati e prevede anche interventi di sicurezza che devono rispettare la natura e il paesaggio. Individua le fasce di rischio (A, B, C) sulla base di dati statistici e modelli naturalistici.
La prevalenza di un piano sull’altro è rilevante, perché l’obiettivo che si pongono tutti e tre è lo stesso: la tutela del paesaggio.
Contratto di fiume: si tratta di un’attuazione di programmi all’interno del Piano di bacino; in realtà una loro conformazione giuridica predefinita, ma sono elementi predisposti da chi gestisce il bacino. Nasce da un confronto tra amministrazioni che hanno deciso di stipulare un patto per mettere insieme i piani di salvaguardia dei corsi d’acqua.

Strumenti di programmazione e pianificazione a livello regionale

Piano regionale dei parchi: a livello nazionale è diventato la Carta della Natura, lo strumento di lettura complessiva della natura del territorio, per estrapolare da essa anche le aree parco.
Piani socio-economici (economico-sociale): contiene gli elementi di indirizzo politico che devono essere presi in considerazione dai Piani di area dei parchi.
Piani di settore: sono figli dei piani di area, nel senso che alcuni problemi di carattere territoriale del piano di area, trovano una soluzione in un piano diverso; per esempio il piano di gestione faunistica non è compreso nel piano di area, che si fa ogni 10 anni, mentre la fauna ha bisogno di piani che si aggiornino ogni anno. Altri piani di settore sono il piano della viabilità e il piano delle attività estrattive.
Piani naturalistici: nascono quando in alcune situazioni di aree protette il piano di area non ha ragione di esistere, perché aree troppo piccole; però se all’interno di quest’area ci sono elementi naturalistici, devono essere individuati i criteri di conservazione.
Piano di assestamento forestale: è nato per gestire la foresta da un punto di vista produttivo, mentre oggi l’obiettivo è quello della gestione naturalistica, del miglioramento della struttura del bosco.
PTP e PTR hanno un’ottica urbanistico-territoriale, senza assolutamente trascurare gli aspetti ambientali.
Piani di area più limitati: per esempio, Comunità montane, unioni di più comuni, ecc…, sempre con carattere urbanistico-territoriale.
La Rete Natura 2000 e la Rete ecologica rimandano ad altri strumenti di pianificazione: la Carta della Natura e, una volta individuato un SIC o una ZPS (approvata poi a Bruxelles e diventata una ZSC), devo fare un Piano di gestione della Rete Natura 2000. La valutazione d’incidenza riguarda la Rete Natura 2000 e i territori limitrofi.
Tutti questi strumenti devono essere accompagnati dalla procedura di VAS, al cui interno potremmo trovare procedure di VIA.
Tutte le coste devono essere protette entro i 300 m dalla battigia (Galasso).
Nel 1986 la regione Piemonte compra metà del parco della Mandria dove c’erano 250 cervi e pochi cinghiali. Viene importato il wapiti (cervo canadese), il quale è portatore di un parassita che attacca il fegato creando cisti (Fascicola epatica). Quando, nel 1978, fu istituito il parco della Mandria, i cervi non potevano più essere cacciati e nel giro di pochissimi anni (1984) i cervi sono diventati 1000, portando problemi alla vegetazione. Si è intervenuto facendo un piano di settore faunistico. Nel 1986 è stata fatta una legge regionale che prevede la selezione di individui compreso l’abbattimento, nel caso siano accertati squilibri ecologici.

Piano territoriale provinciale

Il PTP deve riprendere nella sua struttura le indicazioni del PTR. Mette insieme gli elementi socio-economici e analizza i vari tematismi mettendoli in cartografia, la quale deve limitare tutte quelle aree del territorio sottoposte al vincolo paesaggistico.
La Rete ecologica è intesa come sistema a maglia, con collegamenti.
Biotopi e Siti d’Importanza Regionale (SIR): sono siti individuati dalla regione Piemonte, a parte della Rete Natura 2000.
Vengono individuate le aree contigue (394) che costituiscono una forma di tutela per le aree protette (non ne è stata ancora istituita una). Non ci sono i corridoi ecologici, però sono state individuate le aree di collegamento nei corsi d’acqua. Sono state individuate aree che, per le loro caratteristiche di paesaggio, si prestano ad essere evidenziate in un piano paesistico locale, comprese le aree di interesse storico-culturale.
Nessun piano ha validità se non è accompagnato da norme vigenti.
Nel momento in cui si fa il PRGC bisogna tenere conto del PTP e deve essere accompagnato da una relazione di adeguamento che spiega il criterio con cui sono state recepite le indicazioni del PTP.

Riconosce il sistema esistente e promuove anche aree naturali protette di interesse locale. Fornisce indicazioni per la stesura di strumenti gerarchicamente sottoposti.
Zone C1, D1 e D2 → nel designare la zonazione si è pensato di suddividere le zone C e D in zone che hanno caratteristiche diverse (maggiore o minore grado di antropizzazione).
L’Ente parco, una volta finito il piano, deve mandarlo all’approvazione delle regioni coinvolte (in caso di parco inter-regionale).

Caso studio: Parco regionale della Mandria

Il parco della Mandria è costituito da un’area centrale e un’area di pre-parco che la circonda, per un totale di circa 6000 ha.
Negli anni ’20 la proprietà viene ceduta al marchese Medici del Vascello, che inizia a vendere la proprietà a blocchi: una parte viene venduta ad una famiglia di Milano, una alla Fiat, in un altro blocco vengono realizzati i campi da golf e un altro viene acquistato da una società immobiliare.
Successivamente vengono costruite circa 400 ville che iniziano ad essere abitate. In seguito la parte del marchese diventa regionale e viene istituito il parco nel 1978. L’area cuscinetto è stata individuata per evitare il rischio che l’urbanizzazione arrivasse fino al muro della Mandria.
Negli anni ’80 si avvia una contrattazione con la famiglia di Milano, conclusa nel 1995. rimaneva solo il problema della Fiat, interviene così la pianificazione con il Piano del parco della Mandria.
Per la pista Fiat si è tentata l’acquisizione e si è giunti alla conclusione che la Fiat poteva utilizzare la pista fino all’ammortizzazione delle spese, per poi cederla a prezzo di mercato.
Il discorso della proprietà immobiliare è molto più complicato: avevano già costruito delle ville e il piano ha cancellato la lottizzazione, quindi non potendo più costruire hanno richiesto il risarcimento dei danni. Non sono stati pagati perché il piano del parco supera la strumentazione locale, ha una valenza tale da sostituirsi agli strumenti di pianificazione locale. Nel piano sono stati presi in considerazione la presenza della Reggia di Venaria e il viale d’ingresso al parco.
Il primo piano del parco è stato approvato nel 1982 e la reggia di Venaria è stata riconosciuta come elemento da valorizzare, ma non ancora un tutt’uno col parco.
Sul viale di accesso erano presenti delle fabbriche e i campi sportivi di Venaria, che sono stati spostati e il territorio lasciato libero è stato occupato dal prolungamento dei giardini di Venaria.
Il pre-parco segue un confine limitato dalla viabilità e dagli edifici, in modo da creare un cuscinetto al parco: è una fascia di terreni agricoli che circonda il parco.

Caso studio: Piano delle cave del Parco del Po

Il parco del Po si propone di allontanare le attività estrattive dalla fascia fluviale. Le attività estrattive sono consentite, ma devono rinaturalizzare l’area e recuperare il territorio. Il piano del parco del Po ha attuato al suo interno un piano delle attività estrattive, che prevede la realizzazione di una serie di laghetti e laghi dovuti alle attività estrattive.

Piani di assestamento forestale

Sono piani di gestione ambientale del bosco e sono disponibili su territori di carattere boschivo con lo scopo di mantenere e aumentare la biomassa insieme alla struttura del bosco.
Si opera attraverso un’individuazione particellare del territorio con gli interventi per ogni particella. È un piano “eterno”, continua in modo costante, praticando rilevamenti con l’obiettivo di portare il bosco allo stato ottimale.

Il piano del Parco del Po è diviso in due fasi: una fase di verifica della situazione attuale e una fase di gestione. Il parco del Po nasce con lo scopo di proteggere la garzaia di Valenza.

Tratto da PIANIFICAZIONE AMBIENTALE di Marco Cavagnero
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