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Il moto rivoluzionario in Francia - 1848 -


Come già era accaduto nel 1830, il moto rivoluzionario ebbe il suo centro di irradiazione in Francia. La “monarchia liberale” di Luigi Filippo d’Orleans era certamente uno dei regimi europei meno oppressivi ma per i democratici l’obiettivo da raggiungere era il suffragio universale maschile. Nettamente minoritari in Parlamento, i democratici cercarono di trasferire la loro protesta nel paese reale attraverso la cosiddetta campagna dei banchetti: riunioni svolte in forma privata che aggiravano i divieti governativi e consentivano ai capi dell’opposizione e ai loro seguaci di tenersi in contatto e di far propaganda per la riforma elettorale. Fu proprio la proibizione di unbanchetto previsto per il 22 febbraio a Parigi, a innescare la crisi rivoluzionaria. Lavoratori e studenti parigini, già mobilitati da giorni, organizzarono una grande manifestazione di protesta. Per impedirla, il governo ricorse alla Fuardia nazionale che però finì col fare causa comune con i dimostranti. Il successivo intervento dell’esercito radicalizzò la situazione e rese impossibile qualsiasi soluzione di compromesso. Dopo due giorni di barricate e di violenti scontri, gli insorti erano padroni della città. Il 24 Febbraio, dopo un vano tentativo di placare la piazza con la destituzione del primo ministro Guizot, Luigi Filippo abbandonò Parigi e la sera stessa veniva costituito un governo che si pronunciava decisamente a favore della Repubblica e annunciava la prossima convocazione di un’Assemblea costituente da eleggere a suffragio universale. I primi passi della Seconda Repubblica francese si svolsero in un clima di generale entusiasmo e furono caratterizzati da una ripresa in grande stile del dibattito politico. Fu abolita la pena di morte per i reati politici, venne stabilito in undici ore la durata massima della giornata lavoratica e veniva affermato il principio del diritto al lavoro. Per dare attuazione al diritto al lavoro, furono istituiti degli ateliers nationaux allo scopo di aiutare i lavoratori colpiti dalla disoccupazione. Una prima secca sconfitta per le correnti di estrema sinistra venne, però, dalle elezioni per l’Assemblea costituente, che si tennero il 23 aprile 1848. Il suffragio universale rivelò un insuccesso netto dei socialisti e dell’ala più radicale dello schieramento democratico. I veri vincitori furono i repubblicani moderati. Invano il popolo parigino tentò di riprendere l’iniziativa sul terreno delle manifestazioni di piazza. Il 15 maggio una grande dimostrazione conclusasi con l’invasione dell’Assemblea costituente fu prontamente repressa dalla Guardia nazionale e moli leader della sinistra rivoluzionaria furono arrestati. Un mese dopo, il governo emanò un decreto con cui si stabiliva la chiusura degli ateliers nationaux e si obbligavano i disoccupati più giovani ad arruolarsi nell’esercito. La reazione dei lavoratori di Parigi fu immediata e spontanea: il 23 giugno oltre 50.000 persone scesero in piazza, e in risposta l’Assemblea costituente concesse pieni poteri al ministro della Guerra, il generale Louis Eugene Cavaignac, che represse la manifestazione con spietata durezza. Tutta la società francese , dalla borghesia al clero, ai contadini irritati per l’aumento delle tasse, fu attraversata da un’ondata di riflusso conservatore. In novembre l’Assemblea costituente approvò a stragrande maggioranza una costituzione democratica che prevedeva un presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo per la durata di quattro anni e un’unica Assemblea legislativa eletta anch’essa a suffragio universale. Ma alle lezioni presidenziali del 10 dicembre i repubblicani si presentarono divisi, mentre i conservatori di ogni gradazione fecero blocco sulla candidatura di Luigi Napoleone Bonaparte, figlio di un fratello dell’imperatore. Una vera e propria valanga di suffragi si riversò su Bonaparte: si chiuse così la fase democratica della Seconda Repubblica.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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