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L'entrata in guerra dell'Italia - maggio 1915 -


L’italia entrò nel conflitto nel maggio 1915, quando la guerra era gia iniziata da 10 mesi; schierandosi a fianco dell’Intesa contro l’impero Austro-ungarico fino ad allora sua alleata. Il 2 agosto ’14, a guerra appena scoppiata, il governo presieduto da Antonio Salandra, aveva dichiarato la neutralità dell’Italia. Questa decisone, giustificata col carattere difensivo della triplice alleanza, aveva trovato concordi in un primo tempo tutte le principali forze politiche. Ma una volta scartata l’ipotesi di un intervento a fianco degli imperi centrali cominciò ad essere affacciata da alcuni settori politici l’eventualità opposta: quella di una guerra contro l’Austria che avrebbe consentito di portare a compimento il processo risorgimentale ( riunendo la patria Trento e Trieste) ma anche di aiutare la causa delle nazionalità oppresse e della stessa democrazia che si pensava sarebbe stata minacciata da una vittoria dei due imperi centrali europei. Portavoce di questa linea interventista furono gruppi e partiti della sinistra democratica e le associazioni irredentiste. Sull’opposto versante dello schieramento politico autori attivi dell’intervento erano i nazionalisti favorevoli comunque all’entrata in guerra affinché l’Italia potesse affermare la sua vocazione di grande potenza imperialista. Più prudente e graduale fu l’adesione alla causa dell’intervento da parte di quei gruppi liberal-conservatori che avevano la loro espressione più autorevole nel presidente del consiglio Salandra e in Sidney Sonnino. L’ala più consistente dello schieramento liberale, che faceva capo a Giovanni Giolitti, era neutrale. Giolitti infatti intuiva che la guerra sarebbe stata lunga e non riteneva il paese pronto ad affrontarla. Decisamente ostile all’intervento era il mondo cattolico italiano. Il nuovo Papa Benedetto XV, assunse un atteggiamento decisamente pacifista. Molto netta fu infine la posizione assunta dal PSI e dalla CGL: una posizione di ferma condanna della guerra che contestava apertamente con la scelta patriottica dei maggiori partiti socialisti europei, ma rispecchiava l’istintivo pacifismo delle masse operaie e contadine. L’unica defezione importante fu quella clamorosa del direttore dell’AVANTI (Mussolini): il quale dopo aver condotto dalle colonne del suo giornale un vigorosa campagna per la neutralità assoluta, si schierò con un ‘improvvisa conversione a favore dell’intervento. Destituito dal suo incarico ed espulso dal partito Mussolini fondò nel novembre del ’14 un nuovo quotidiano: “Il popolo di’talia” che divenne la principale tribuna dell’interventismo di sinistra. Ma ciò che in definitiva decise l’esito dello scontro tra neutralisti e interventisti fu l’atteggiamento del capo del governo, del ministro degli esteri e del re. Fin dall’autunno del ’14, dopo il fallimento del piano di guerra tedesco Salandra e Sonnino allacciarono contatti segretissimi con l’Intesa pur continuando nel contempo a trattare con gli imperi centrali per strappare qualche compenso territoriale in cambio della neutralità. Infine decisero col solo avallo del re e senza informare ne il parlamento ne gli altri membri del governo di accettare le proposte dell’Intesa firmando il 16 aprile 1915 il patto di Londra con Francia Inghilterra e Russia. Le clausole principali prevedevano che l’Italia avrebbe ottenuto in caso di vittoria il Trentino il Sud tirolo la VeneziaGiulia e l’intera penisola Istriana. Quando ai primi di maggio Giolitti non ancora al corrente del patto di Londra si pronunciò per la continuazione delle trattative con l’Austria, ben 300 deputati gli manifestarono solidarietà inducendo Salandra a rassegnare le dimissioni. Ma la volontà neutralista del parlamento fu di fatto scavalcata: il re respinse le dimissioni di Salandra mostrando così di approvarne l’operato; e le manifestazioni di piazza in quei giorni di maggio si fecero sempre più imponenti e minacciose (le radiose giornate). Il 20 maggio 1915 la camera approvò col voto contrario dei soli socialisti la concessione dei pieni poteri al governop che la sera del 23 maggio dichiarava guerra all’Austria.
Sul confine orientale le forze autroungariche nettamente inferiori di numero ripiegarono per pochi chilometri. Contro queste linee le troppe comandate dal generale Luigi Cadorna sferrarono nel corso del 1915 4 sanguinose offensive (le prime 4 battaglie dell’Isonso), senza riuscire a cogliere alcun successo. Una situazione analoga su scala ancora più ampia si era creata sul fronte francese. Anche qui gli schieramenti rimasero pressoché immobili per tutto il 1915, centinaia di migliaia di soldati furono sacrificati alla ricerca dell’attacco risolutivo. In quell’anno gli unici successi di qualche rilievo furono ottenuti sul fronte orientale dagli austro-tedeschi: prima contro i russi e poi contro la Serbia. All’inizio dell’anno successivo i tedeschi ripresero l’iniziativa sul fronte occidentale, sferrando, nel febbraio 1916, un attacco in forze contro la piazza-forte francese di Verdun. I francesi riuscirono a resistere fino alla fine di giugno quando gli inglesi organizzarono una controffensiva sulla Somme, presto trasformatasi in una nuova estenuante battaglia di logoramento. Nel giugno 1916 mentre si andava esaurendo l’offensiva tedesca contro Verdun l’esercito austriaco passò all’attacco sul fronte italiano, tentando di penetrare dal Trentino nella pianura veneta. L’italiani furono colti di sorpresa che fu chiamata “Strafexpidition” (ossia spedizione punitiva contro l’alleato traditore), ma riuscirono faticosamente ad arrestarla sull’altipiano di Asiago e successivamente a contrattaccare. L’Italia non subì alcuna perdita territoriale ma il contraccolpo psicologico fu comunque forte. Il governo Salandra fu costretto alle dimissioni e sostituito da un ministero di coalizione nazionale presieduto da Paolo Boselli. Il cambio di ministero non comporto cambiamento nella conduzione della guerra. Nel corso dell’anno furono combattute altre 5 battaglie dell’Isonso tutte prive di risultati tangibili, salvo quello, di valore morale più che strategico, della presa di Gorizia avvenuta in agosto. Invano nel maggio ’16 la flotta tedesca aveva tentato un attacco contro quella inglese in prossimità della penisola dello Jutland. Le perdite subite nella battaglia furono tali da indurre i comandi a ritirare le navi dai porti rinunciando definitivamente allo scontro aperto.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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