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La fine del fascismo


A partire dall’autunno ’43 l’Italia fu spezzata in due entità statali distinte: al sud il vecchio stato monarchico; al nord Mussolini dava vita alla repubblica di Salò. L’episodio più tragico si verificò il 16 ottobre ’43 quando oltre mille ebrei di Roma furono inviati ad Auschwitz. La principale funzione della repubblica di Salò fu combattere il movimento partigiano, le regioni del centro-nord diventavano così teatro di una guerra civile tra italiani. In qualche caso i tedeschi risposero ai partigiani con spietate rappresaglie: a Roma nel ’44 in risposta ad un attentato in cui avevano trovato la morte 33 militari tedeschi furono fucilati alle fosse Ardeatine 335 detenuti ebrei, antifascisti e militari badogliani. Le bande partigiane si andarono organizzando nel comitato di liberazione nazionale. Nell’ottobre ’43 il governo dichiarò guerra alla Germania. Il 24 aprile si formò il primo governo di unità nazionale presieduto da Badoglio e comprendente i rappresentanti dei partiti del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) e il comunista Palmiro Togliatti. Vittorio Emanuele III si impegnò perché a guerra finita fosse il popolo a decidere la sorte dell’istituzione monarchica. Nel giugno ’44 Badoglio lasciò il posto a Bonomi, emanazione diretta del CLN; grazie a questo governo la resistenza conobbe il suo momento di maggiore vitalità, molte città tra cui Firenze furono liberate prima dell’arrivo degli alleati.
Quando l’offensiva alleata sul fronte italiano si bloccò lungo la linea gotica (fra Rimini e La Spezia) la resistenza visse il suo momento più difficile.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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