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Teatro italiano nel dopoguerra. Teatri stabili e cooperazione

    
La novità più rilevante del dopoguerra in Italia è sicuramente la nascita dei teatri stabili: Il Piccolo Teatro di Milano 14 maggio 1947 (esempio emblematico del teatro come servizio pubblico). Non si deve ritenere tuttavia che il teatro delle compagnie di giro, da quello commerciale a quello culturalmente più impegnato, sia scomparso nel dopoguerra.
Insieme alle “benemerenze” della riforma organizzativa si consolidano anche cattive abitudini: la crescita di un pubblico di abbonati conferma il successo delle scelte di cartellone, ma tende anche ad un ingessamento degli spettatori (anche il repertorio si è cristallizzato).
La protesta giovanile e culturale mette sotto giudizio l’intera cultura ufficiale e quindi i maturi teatri pubblici. A dispetto delle crisi ricorrenti gli stabili restano le strutture produttive più solide del sistema teatrale; anche se in alcune città costituiscono una pesante remora a quella esigenza di rinnovamento che comincia a delinearsi all’esterno di quelle strutture.
Un ‘importante novità organizzativa di questi anni è l’applicazione della forma associativa operativistica al mondo del teatro. Questo è un espediente tecnico delle compagnie per poter sopravvivere, quando per sopperire agli scarsi incassi si deve fare conto sulle sovvenzioni pubbliche (le sovvenzioni si fanno molto attendere).
Una legislazione compiuta per lo spettacolo si fa attendere a lungo, nel 1958 viene istituito il Ministero del Turismo e dello Spettacolo (abolito nel 93). Nel 98 la competenza dello Spettacolo passerà al Ministero per i Beni e le attività Culturali, con una apposita direzione generale dello spettacolo dal vivo (accanto a una “gemella” direzione generale per il cinema).
Nel frattempo il teatro commerciale si organizza in forme imprenditoriali.

Tratto da POLITICA DELLO SPETTACOLO di Laura Righi
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