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La tematica di Se questo è un uomo

Il libro di Levi ha ambizioni più alte che contribuire alla letteratura sui campi di concentramento. Esso, secondo Segre, risponde a quattro scopi: documentare un'esperienza estrema; mostrare, anche per poterle prevenire, le peggiori conseguenze della xenofobia; meditare sul comportamento umano in condizioni eccezionali; raccontare per liberarsi dall'ossessione.

La poesia che apre il volume è riportata senza titolo, ed è stata pure pubblicata ne L'osteria di Brema col titolo Shemà. Shemà è l'orazione fondamentale degli ebrei, una sorta di atto di fede. Nella poesia di Levi, l'atto di fede manca; al contrario si sviluppa il tono esortativo, dal Voi iniziale ripreso anaforicamente agli imperativi, e si conclude con una maledizione per chi non obbedirà. Tale esortazione non è solo un omaggio alle vittime, ma vuole prevenire la ripetizione dell'orrore.

Che Levi abbia usato un atto di fede tradizionale sostituendo al suo fulcro ideologico (esistenza di Dio) l'obbligo del ricorso della Shoah, è significativo della sua posizione di non credente e della fede laica nei valori umani di cui pure ha sperimentato la fragilità.

Il libro, mentre evita i particolari atroci, si sofferma su tutte le offese della dignità. Da qui, Levi nota che "accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso". Tuttavia, ricordando il sergente Steinlauf, Levi ricorda che occorre dare il nero alle scarpe non perchè così prescrive il regola-mento, ma per dignità. L'unica libertà rimasta ai prigionieri è negare il consenso, disobbedendo se si può, oppure obbedendo col minimo impegno e con valori diversi da quelli dei carcerieri.

Tratto da PRIMO LEVI "SE QUESTO È UN UOMO" di Domenico Valenza
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