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L'indagine filosofica di Blaise Pascal


Blaise Pascal nacque a Clermont nel 1623. I suoi primi interessi furono diretti a matematica e fisica, ma anche quando la vocazione religiosa orientò la sua vita, continuò a occuparsene. Nel 1654 entrò a far parte dei solitari di Port Royal dove si affermavano, con Arnaud, le idee del vescovo Giansenio. Nel suo Augustinus, egli afferma che Dio soltanto concede agli eletti la grazia della salvezza. Nel 1653, una bolla di Innocenzo XX avrebbe condannato quelle affermazioni.

Secondo Pascal la questione più importante dell’uomo è l’interrogativo sul senso della vita. “Non so chi mi abbia messo al mondo, né cosa sia, né cosa sia io stesso. Sono in un ignoranza spaven-tosa di tutto. Vedo quegli spaventosi spazi dell’universo che mi rinchiudono. Tutto quel che so è che debbo morire, ma quel che più ignoro è appunto questa stessa morte che non posso evitare”.

Pascal ritiene mostruoso che gli individui, occupati dalle mille faccende del vivere, possano manifestare indifferenza nei suoi confronti. Egli ritiene che l’atteggiamento della mentalità comune nei confronti dei problemi esistenziali sia quello del divertissement, inteso non come distrazione o divertimento, ma come l’oblio e lo stordimento di sé nella molteplicità delle occupazioni quotidiane.
 
Il divertimento è quindi una fuga da sé: gli uomini, non potendo guarire la morte hanno creduto di non pensarci per essere felici. Pascal osserva infatti che noi non cerchiamo mai le cose ma la ricerca delle cose; non viviamo mai nel presente, ma in attesa del futuro. Ma il divertimento non è l’alternativa degna dell’uomo: egli non deve chiudere gli occhi ma accettare la propria condizione.

Pur essendo uno scienziato, Pascal è convinto che la scienza presenti dei limiti. L’esperienza, anzitutto, frena e circoscrive i poteri della ragione. Altro limite della scienza è l’indimostrabilità dei suoi primi principi. Lo spazio, il tempo, il movimento, sfuggono al ragionamento stesso.

Ma dove la ragione mostra la sua totale incapacità è nel campo dei problemi esistenziali. Alla ragione scientifica, Pascal oppone la comprensione istintiva o il cuore, l’organo capace di captare gli aspetti più profondi dell’essere: “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”.

Quest’antagonismo tra cuore e ragione è espresso con il binomio “esprit de geometrie” ed “esprit de finesse”. Il primo è la ragione scientifica che ha per oggetto le cose esteriori e procede dimostrativamente. Lo spirito di finezza ha per oggetto l’uomo e si fonda sul cuore, sul sentimento, sull’intuito. Il primo ragiona intellettivamente, il secondo comprende intuitivamente.

La filosofia si pone i problemi esistenziali ma non li risolve. Ad esempio, la pretesa dei metafisici di dimostrare Dio a partire dalla natura è falsa, giacchè le meraviglie del creato non ne provano di per sé l’esistenza. Oltre a essere incapace di risolvere la questione di Dio, la filosofia risulta altrettanto inabile a spiegare la condizione dell’uomo nel mondo.

Il centro dell’analisi di Pascal è la tesi della posizione mediana dell’uomo nell’ordine delle cose. La sua dislocazione è una prova, compreso fra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. L’uomo non si trova né in una completa insipienza né in una totale sapienza, bensì in una via di mezzo.

Se da una parte tale posizione fa sì che il suo sia un desiderio frustrato, dall’altro lato, la spinta verso la verità evidenzia in lui un barlume di grandezza. L’uomo secondo Pascal è solo una canna, la più fragile della natura, ma è una canna che pensa. Quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe più nobile perché sa di morire. Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero.

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Blaise Pascal