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Il paradigma anarchico, ovvero la continua competizione per la sicurezza


Se la ricerca della sicurezza è un tratto universale della condizione umana e se per garantirsela reciprocamente gli uomini sono disposti a dare vita a comunità politiche, la cui forma più raffinata è quella statale, si può comprendere perché nel campo delle relazioni internazionali, la sicurezza debba intendersi come sostanziale sopravvivenza politica dello stato in quanto entità autonoma e indipendente. Per poter tutelare l’ordine civile all’interno del proprio territorio, ogni singola unità statale deve essere in grado di proteggere la comunità che le ha dato vita. Lo stato deve regolare i conflitti che sorgono tra le preferenze individuali ma deve anche difendere la società dagli aggressori esterni.
Sovranità verso l’interno significa supremazia nei confronti di ogni altra istanza dia autorità, sovranità verso l’esterno significa non subordinazione nei confronti di ogni altra istanza di autorità.
L’idea che il perseguimento della sicurezza sia possibile solo a condizione di superare la natura anarchica del sistema politico internazionale si colloca al cuore dell’origine della riflessione scientifica della disciplina delle relazioni internazionali e della disciplina idealista.
Per il realismo classico la protezione della propria comunità politica dalle minacce esterne deve essere conseguita attraverso la potenza: in questo consiste secondo Morgenthau l’interesse nazionale, concetto che dovrebbe guidare la politica estera di ogni stato. la necessità di perseguire la sicurezza attraverso la potenza deriva dalla condizione generale secondo al quale tutti gli stati sono possibili nemici e perciò ugualmente sottoposti al pericolo di un attacco da parte degli altri. Ogni stato può contare solo su se stesso per garantire la propria sopravvivenza.
La sicurezza non coincide con la potenza cioè l’insieme delle capacità relative di uno stato rispetto agli altri. Accumulando risorse di potenza non necessariamente si migliora la propria sicurezza poiché se una nazione guadagna significativamente potenza, il miglioramento della sua posizione relativamente alle altre nazioni le minaccia e le induce a tentare di ribaltare il guadagno attraverso la guerra.
La sicurezza può essere intesa in senso oggettivo o soggettivo. In senso oggettivo misura l’assenza di minacce nei confronti di valori acquisiti, in senso soggettivo l’assenza di paura circa il fatto che tali valori saranno attaccati.

L’unico modo per garantirsi la sicurezza in un’arena anarchica nella quale le aspettative di violenza non possono mai essere dismesse è cercare di massimizzare le proprie risorse di potenza. Tali risorse vanno definite innanzitutto in termini militari poiché la gerarchia della forza militare è la gerarchia del sistema internazionale. Aumentare le proprie risorse di potenza consente di minimizzare le conseguenze della potenza altrui nei propri confronti. Ma proprio perché tutti gli stati sono razionalmente portati ad agire secondo la stessa logica, l’incremento della potenza di un singolo stato sarà percepito come minaccioso da parte di tutti gli altri, i quali a loro volta incrementeranno le proprie capacità militari. Inizia così una rincorsa continua la cui concreta manifestazione è rappresentata dalla corsa agli armamenti. Il risultato finale è che ogni sforzo di accrescere la propria sicurezza alimenta le fonti stesse dell’insicurezza, in una sorta di meccanismo coattivo di azione-reazione. Il dilemma della sicurezza può allora essere definito come una condizione strutturale del sistema politico internazionale per cui i tentativi degli stati di far da sé nel provvedere alle proprie esigenze di sicurezza tendono, a prescindere dalle intenzioni, a produrre una crescente sicurezza per gli altri, giacchè ognuno interpreta le proprie misure come difensive e le misure degli altri come potenzialmente minacciose.
I security studies sono un programma scientifico che si è caratterizzato per la nuova organizzazione sociale della disciplina e per il proprio metodo ispirato alla teoria dei giochi e a modelli formali e che ha condotto alla riformulazione della vasta tradizione degli studi strategici e militari.    
Per quanto gli stati siano consapevoli che la corsa agli armamenti sia uno sciupo di risorse per accumulare armi che forse non verranno utilizzate, essi non possono fare altro che percorrere questo sentiero.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Filippo Amelotti
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