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Tipi e forme di equilibrio internazionale


Il realismo classico ha sostenuto la preferenza per le configurazioni multipolari (più di 2 grandi potenze) sottolineando il legame tra l’equilibrio di potenza e un elevato numero di attori che comporta maggiori possibilità di trovare alleati potenziali. Se le risorse internazionali sono suddivise tra un numero di stati maggiore di 2 sarà possibile mobilitare contro qualunque stato che intraprenda un espansionismo eccessivo una quantità di risorse maggiori rispetto a quelle dell’aggressore. Se gli attori principali sono solo due, le risorse mobilitabili sarebbero più o meno pari a quelle dello stato espansionista. Se uno stato ha più controparti disperderà tra esse la sua attenzione ed è difficile che entri in competizione mortale con un altro stato particolare. La presenza di altri attori principali rende possibile una risposta diplomatica al riarmo di un potenziale avversario. Invece di rincorrersi l’un l’altro con il riarmo, gli stati possono ricorrere ad alleanze che ne garantiscano la sicurezza e che compensino le accresciute capacità di un potenziale avversario.
La critica più radicale alla tesi della stabilità dei sistemi multipolari proviene dai sostenitori del bipolarismo (realismo strutturale). Innanzitutto le superpotenze di un sistema bipolare sono più grandi delle grandi potenze in un regime di multipolarismo perché possono contare su circa la metà delle risorse globali. Inoltre i sistemi bipolari sono più semplici e quindi propensi alla stabilità. Inoltre ogni superpotenza in un mondo bipolare è consapevole che la minaccia non può che provenire dall’altra superpotenza. Inoltre le superpotenze non hanno dubbi su chi abbia la responsabilità di contenere la minaccia perché un’ azione di una superpotenza provocherà subito una reazione dell’altra. Non è quindi possibile che gli stati scarichino il barile del contenimento della minaccia gli uni sugli altri e che questa non trovi resistenza sinchè non è troppo tardi secondo la logica del buckpassing. (dicono che c’era quindi stabilità nella guerra fredda mentre un es. di buckpassing ci fu prima della seconda guerra quando Inghilterra, Urss e Francia volevano contenere la Germania ma preferivano che fosse un altro a farlo). I sistemi bipolari inoltre sono privi della sindrome del chainganging cioè dell’inclinazione a legarsi a doppio filo ai propri alleati. In un sistema bipolare le superpotenze possono contare solo sulle proprie forze e non si faranno smuovere da cambiamenti negli allineamenti diplomatici. (es. di chainganging è prima della prima guerra quando le due alleanze erano così rigide da rendere il conflitto inevitabile e una crisi locale divenne una guerra su scala mondiale)

La teoria ortodossa della balance of power presuppone che la variabile critica sia la potenza ovvero lo stock di capacità a disposizione di uno stato. ci sono però grandi episodi storici nei quali questa teoria non funziona (es. dopo la seconda guerra la maggior parte degli stati si sono alleati con gli Usa anche le l’Urss era meno potente). è per questo che Walt ha introdotto una teoria più complessa dell’equilibrio basata sulla minaccia anziché sulla potenza. Quindi gli stati non creerebbero minacce contro lo stato più potente ma contro quello più minaccioso. La minaccia è una variabile complessa, funzione di 4 variabili:
1. la potenza aggregata: la capacità a disposizione di uno stato
2. la tecnologia militare: il grado in cui le capacità possono essere trasformate in potere offensivo che ha a che vedere con la forza relativa delle tecnologie offensive rispetto a quelle difensive, l’offense-defense balance. Se le tecnologie offensive prevalgono gli stati sono indotti a prendere misure preventive, dal momento che chi attacca per primo potrebbe conseguire un vantaggio decisivo
3. la geografia: la posizione geopolitica, dal momento che il potere è più minaccioso quanto è più prossimo chi lo subisce. Le potenze continentali (come Francia, Germania) sono state concepite come più minacciose delle potenze marittime (gran Bretagna) che erano più distantio dagli altri stati. (vedere scacchiera pg 61)
4. le intenzioni degli stati: a parità di capacità, uno stato con esplicite intenzioni aggressive sarà percepito come significativamente più minaccioso di uno stato con nessuna ambizione espansionistica.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Filippo Amelotti
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