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I realismi dopo Waltz

I 3 realismi dopo Waltz

Teoria della stabilità egemonica: non condivide la visione di Waltz, il quale sostiene che non possa esistere una sola potenza egemone, perché altrimenti si passerebbe da un sistema anarchico a uno gerarchico e ciò non sarebbe possibile perché l’anarchia è costante
realismo offensivo (Mearsheimer): applica Waltz alla lettera  ritiene che la forza dell’anarchia spinga gli stati ad aumentare la propria forza ogni volta che possono. La sicurezza, dunque, è precaria e gli stati difensivi sono, in realtà, i più potenti
realismo difensivo: gli stati aumentano la propria sicurezza, ma esiste un certo livello di potere oltre il quale un aumento del potere può rivelarsi controproducente.

Sia il realismo strategico sia il neorealismo sono connessi con la Guerra Fredda: fortemente influenzati dalla rivoluzione behaviorista nelle Relazioni Internazionali, entrambi, infatti, aspirano ad applicare metodi scientifici ai problemi teorici e pratici sollevati dalla contrapposizione tra USA ed URSS.

La fine della Guerra Fredda induce a chiedersi quale potrà essere il futuro delle teorie realiste, elaborate durante un “periodo eccezionale” della moderna storia internazionale. John Mearsheimer riprende le argomentazioni neorealiste di Waltz, le applica sia al passato sia al futuro e conclude che il neorealismo mantiene tuttora la sua rilevanza come teoria esplicativa delle relazioni internazionali. Secondo Mearsheimer, il ritiro delle superpotenze dal cuore dell’Europa darebbe origine a un sistema multipolari formato da 5 potenze maggiori (Germania, Francia, Gran Bretagna, Russia e, forse, Italia) e da un numero consistente di potenze minori → un sistema del genere sarebbe incline all’instabilità.
È doveroso segnalare che in alcune regioni storiche (ex-Iugoslavia, ex-URSS) gli avvenimenti più recenti sembrano dare ragione a Mearsheimer, mentre in altre sembrano dargli torto: è il caso dell’integrazione degli stati-nazione europei in una Unione Europea imperniata su Germania e Francia.
Da qualche tempo, inoltre, è in corso un vivace dibattito sull’espansione della NATO verso Est, ossia dell’inclusione di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria nell’alleanza atlantica:
i favorevoli all’espansione della NATO sostengono che l’obiettivo primario è una maggiore sicurezza della regione. L’allargamento, infatti, potrebbe scoraggiare la Russia dall’intraprendere una politica di revisionismo territoriale mirante al recupero dei territori perduti o all’intimidazione dei paesi vicini. La stessa Russia ne beneficerebbe perché i suoi vicini sarebbero scoraggiati dall’approfittare della sua attuale debolezza e, quindi, dall’accrescere l’instabilità nella regione. Anche il rischio di una corsa locale al riarmo si ridurrebbe, o scomparirebbe del tutto, perché la NATO potrebbe garantire l’adeguatezza degli armamenti rispetto agli obiettivi difensivi generali dell’alleanza. Infine, grazie alla presenza della NATO, ci sarebbero maggiori possibilità di realizzare sistemi di sicurezza cooperativi anziché competitivi tra la Russia e gli stati dell’Occidente.
gli oppositori sostengono che l’allargamento della NATO metterebbe in discussione l’intero assetto post-Guerra Fredda; sconfesserebbe anche la pretesa della NATO di essere un’alleanza puramente difensiva e amante della pace. Si creerebbe, poi, una nuova e profonda linea di divisione tra gli ex paesi satelliti dell’URSS ammessi nella NATO e quelli rimasti fuori. All’interno della stessa NATO l’allargamento ridurrebbe la credibilità dell’alleanza sotto l’aspetto di gran lunga più importante in termini politici: la capacità dell’alleanza di difendere i suoi stati membri, infatti, diminuirebbe nel caso ciò comportasse il rischio di uno scontro frontale con la Russia. Infine, l’allargamento della NATO in aree dell’Europa intrinsecamente più instabili e più difficili da difendere potrebbe mettere a repentaglio l’impegno degli USA nell’ambito dell’alleanza.

Il predominio del pensiero realista nelle Relazioni Internazionali durante le seconda metà del XX secolo, soprattutto negli USA, ha dato origine a una ricca letteratura che critica molte delle sue ipotesi e argomentazioni centrali:
1. idealismo liberale: critica di merito = il realismo è troppo pessimista
2. liberalismo contemporaneo: critica di metodo = il realismo classico è troppo generico, quello strutturale è troppo statico
3. scuola inglese: sebbene riconosca che il realismo fornisce un importante contributo alla visione della politica mondiale, a suo avviso il realismo trascura, ignora o sottovaluta molte componenti cruciali della vita internazionale:
trascura la tendenza cooperativa presente nella natura umana
ignora la misura in cui le relazioni internazionali determinano la formazione di una società anarchica, e non semplicemente di un sistema anarchico
ignora che sulla scena internazionale, oltre agli stati, si muovono altri importanti attori
sottovaluta la misura in cui le relazioni fra gli stati sono governate dal diritto internazionale, nonché il carattere evolutivo della politica internazionale
4. teoria emancipazionista (Ken Booth, Andrew Linklater): le Relazioni Internazionali dovrebbero cercare di capire come mai gli uomini sono prigionieri delle strutture internazionali esistenti, e di trovare poi il modo di liberarli dallo stato e dalle altre strutture della politica mondiale che li opprimono

Un obiettivo cruciale della teoria emancipazionista è la trasformazione della struttura realista della politica internazionale imperniata sugli stati e sulla forza, al fine di consentire la liberazione e la piena realizzazione di ogni essere umano

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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