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Le Relazioni Internazionali negli anni '90

Negli anni ’90, conclusasi la guerra fredda, il predominio americano si attenuò: gli studiosi di Relazioni Internazionali in Europa e altrove cominciarono ad acquistare maggiore fiducia nelle proprie capacità e a mostrarsi meno propensi ad accettare a scatola chiusa un’agenda scritta in larga misura da studiosi USA.
Nel Regno Unito, per tutta la durata della guerra fredda era prevalsa una scuola di Relazioni Internazionali che si caratterizzava per 2 importanti posizioni:
1. il rifiuto della sfida behaviorista
L’approccio classico alle Relazioni Internazionali non ha una metodologia esplicita; non formula ipotesi, non si avvale di un apparato di ricerca formalizzato, non raccoglie né organizza dati. Ha, piuttosto, un atteggiamento dottrinale, e in qualche misura etico: respinge l’idea che possa esistere un’unica analisi corretta o scientificamente valida della politica internazionale. È scettico sulla possibilità di costruire una scienza cumulativa delle Relazioni Internazionali sempre più sofisticata, precisa, sintetica, predittiva ed esplicativa, anche perché ritiene che la validità di qualunque teoria sia limitata dalla storia (tempo) e dalla cultura (spazio).
2. il rifiuto di ogni rigida distinzione tra un approccio rigorosamente realista e uno rigorosamente liberale allo studio delle Relazioni Internazionali.
I 2 principali teorici della Scuola Inglese sono Martin Wight ed Hedley Bull.
Le Relazioni Internazionali sono un campo di studi umanistico e complesso. Secondo Bull non si tratta di un’unica disciplina, bensì di una materia interdisciplinare, che si rifà in misura determinante a 3 discipline ben consolidate:
storia: solo attraverso di essa lo studioso può cogliere le specifiche caratteristiche degli stati. Tutti gli stati sono diversi e ciò riduce la possibilità di formulare generalizzazioni sui sistemi degli stati.
teoria o filosofia politica: l’approccio tradizionale si occupa di questioni etiche, inscindibili da quella politiche o giuridiche  presuppone un esame disinteressato e distaccato dei fondamenti etici della politica e del diritto internazionale.
diritto internazionale: è un corpo esauriente di conoscenze storiche e contemporanee riguardanti le regole e le norme che stanno alla base della società internazionale vestfaliana.
La caratteristica precipua dell’approccio tradizionale, secondo Bull, è l’esercizio della capacità di giudizio e di discernimento propria dello studioso nell’analisi degli aspetti storici, giuridici o filosofici delle Relazioni Internazionali.
L’approccio classico esorta ad un atteggiamento disinteressato e distaccato. Per Bull, ciò non significa atteggiamento scevro di valori, ma la consapevolezza delle proprie premesse etiche e politiche, la franchezza nell’ammetterle e la capacità di tenerle saldamente sotto controllo.
Secondo la Scuola Inglese, lo stato è al tempo stesso un Machstaat (= stato di forza) e un Rechtsstaat (= stato di diritto). È vero che esiste un’anarchia internazionale, ma questa è una condizione sociale: la politica mondiale è una società anarchica, in cui il ruolo centrale è mantenuto dalla forza e dall’equilibrio di potere.
ES: il sistema delle Nazioni Unite dimostra come ambedue gli elementi (la forza e il diritto) siano simultaneamente presenti nella società internazionale: la composizione del Consiglio di Sicurezza rispecchia la realtà degli squilibri esistenti tra gli stati in termini di forza, mentre la composizione dell’Assemblea Generale è conforme al principio dell’eguaglianza giuridica internazionale.

Gli studiosi della SI non puntano a formulare e verificare ipotesi con l’obiettivo di costruire leggi scientifiche sulle Relazioni Internazionali, cercano piuttosto di comprenderle e interpretarle, assumendo un più ampio approccio storico, giuridico e filosofico.
La sfida posta dall’approccio SI non apre un nuovo grande dibattito; deve piuttosto essere considerata come 
un rifiuto dell’apparente trionfo behavioristico del secondo dibattito: i teorici SI vi entrano schierandosi a fianco dei tradizionalisti. A loro giudizio, non esiste alcuna possibilità di costruire leggi sulle Relazioni Internazionali analoghe a quelle delle scienze naturali  studiare le Relazioni Internazionali non significa spiegare, bensì comprendere, mettendosi nei panni degli uomini di stato per cercare di capire meglio i dilemmi con cui essi devono fare i conti nelle loro decisioni di politica estera.
un’ estensione del primo dibattito: pur non entrando direttamente in quel dibattito, gli studiosi SI lasciano chiaramente intendere che la differenza tra realismo e liberalismo è sostanzialmente artificiosa.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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