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CGIL, INTERSIND e la scala mobile


I fatti della FIAT ebbero un'influenza di lungo periodo nelle relazioni industriali e condizionarono la linea dei sindacati datoriali delle imprese pubbliche e private. In particolare, data la indisponibilità della Federazione sindacale a mettere in discussione la scala mobile, CONFINDUSTRIA  e INTERSIND, che ormai operavano in stretta convergenza, organizzarono un convegno sul tema del salario nel marzo 1981 dal quale scaturì l'offerta ai sindacati di discuterne la ristrutturazione tramite incontri bilaterali. Il rifiuto del sindacato giunse quando la Banca d'Italia era stata costretta ad elevare al 19% il tasso di sconto e a svalutare del 6% la lira nello SME. Tuttavia il fronte sindacale non era più compatto su questo fronte e cominciavano a giungere segnali di revisionismo.

Dal VIII congresso della UIL (Roma, giugno 1981) emerse il disegno di un sindacato disposta ad abbandonare i moduli rivendicativi per convertirsi alla compartecipazione delle scelte di politica economica.

Intanto da qualche mese circolava la proposta dell'economista e consigliere della CISL, Ezio Tarantelli (che verrà assassinato il 27 marzo 1985 dalle Brigate Rosse) volta al raffreddamento dell'inflazione: la predeterminazione dei punti di scala mobile. La tesi veniva avanzata quando negli ambienti industriali pubblici e privati, dopo la fallita proposta di ristrutturazione concordata del salario, si parlava di disdetta unilaterale.
Alla fine di giugno 1981, quando Spadolini formò il suo primo governo, la CGII aveva già programmato la denuncia unilaterale della scala mobile.
Dal X congresso della CGIL (Roma, novembre 1981), inoltre, scaturì la proposta di porre il limite del 16% all'accrescimento dei salari. Si parlò anche di fiscal drag, del quale si propose la restituzione entro aumenti al di sotto di quella soglia. Tale proposta fu rigettata dalla controparte sociale quanto dal governo (perché comportava oneri per la finanza pubblica senza garantire un drastico rientro dell'inflazione).

Spadolini, il cui governo di pentapartito era instabile, si trovò stretto fra proposte contrastanti fra le quali non ebbe la possibilità di mediare. Si richiedeva al governo un intervento legislativo unilaterale che sbloccasse la situazione. La rottura tra governo e CGII si consumò quando, durante l'assemblea straordinaria convocata per la riforma dello Statuto, il presidente di C0NFINDUSTRIA, Merloni, attaccò duramente il governo per il mancato intervento.

Il 1° giugno 1982 la CGII denunciò l'accordo del 1975 (che aveva definito la scala mobile) a partire dal 1° gennaio 1983. Alla denuncia dell'industria privata fece seguito quella dell'INTERSIND (nonostante il parere contrario del suo presidente Massacesi che per questo si dimise) e della CGAI.

La caduta del secondo governo Spadolini e la costituzione del governo Fanfani nel dicembre 1982 riaprì  la via dell'accordo. Durante la stagione dei governi Spadolini (dal giugno 1981 al novembre 1982) le relazioni industriali soffrirono di forti condizionamenti politici che impedirono l'accordo sulla scala mobile: un successo su questo terreno avrebbe rafforzato la figura del presidente del Consiglio repubblicano vanificando le aspettative di ascesa al potere della DC e di Craxi.

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