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La CGIL dopo le scissioni


Per la CGIL le scissioni del '48 e del ' 49 ebbero conseguenze pesanti soprattutto nel lungo periodo.
In particolare ci si avviò verso un calo degli iscritti, prima lento e graduale nel corso della prima legislatura, poi accelerato a partire dal '53.
La CGIL era debole anche all'interno della fabbrica: questo era dovuto sia alla scelta politica del sindacato che temeva fattori disgreganti della compattezza derivanti dal sindacalismo aziendale, sia alla forte pressione delle autorità del piano Marshall che penalizzavano le aziende con una presenza maggioritaria della CGIL, sia al clima generale di lotta anticomunista.
I lavoratori non iscritti alla CGIL potevano ottenere condizioni e trattamenti (e magari premi sottobanco) assai più favorevoli delle condizioni salariali e normative previste dai contratti nazionali.

Bisogna comunque considerare che gli anni '50 furono un periodo di progressiva desindacalizzazione per tutte le confederazioni nelle grandi aree industriali.
Per uscire da questa situazione di difficoltà, la CGIL cercò alzare il tiro della lotta "antisistema" attraverso la cd politica della "non collaborazione" come metodo di lotta. Questo implicava l'adozione di strumenti formali o sostanziali di ostruzionismo fuori e dentro la fabbrica che provocò le proteste della CONFINDUSTRIA.

Nel congresso nazionale di Genova nel ottobre' 49 la CGIL, rilanciò la sua immagine di grande sindacato politico, proponendo il "Piano del lavoro" (tutt'altro che rivoluzionario). Esso intendeva aggredire il male dell'economia e della società italiana, rappresentato dall'alto tasso di disoccupazione, con una politica di investimenti pubblici che prevedesse la costituzione di enti pubblici che dovevano operare in vari settori (edilizio, agricolo, energetico).
La debolezza politica del Piano del lavoro derivava dal fatto di provenire da un soggetto sindacale screditato perché collocato in una posizione politica antisistema.
La sua debolezza economica derivava dall'approccio sostanzialmente autarchico del piano: la CGIL continuava ad attaccare il Piano ERP che, al contrario, era condizione fondamentale della ripresa economica della ripresa italiana.
La contrapposizione alla CISL e la lotta contro i metodi della produzione taylorista costituirono la base della opposizione alla campagna per la produttività sostenuta dalla CONFINDUSTRIA.

Inoltre, il terreno ove la CGIL era più forte, cioè le grandi vertenze nazionali per giungere alla definizione dei contratti nazionali di categoria, non si traduceva in un maggiore peso della CGIL rispetto alle altre confederazioni perché, spesso, il trattamento economico e i benefici a favore dei lavoratori non contrattualizzati erano superiore.
Infatti fino all'entrata in vigore nell'ottobre ' 59 della legge che dava validità erga omnes ai contratti nazionali di categoria (cd Legge Vigorelli), questi valevano solo per gli iscritti al sindacato che li aveva stipulati.
Infine, la principale causa di debolezza del sindacato proveniva dalla realtà di una classe operaia segmentata che cresceva quantitativamente grazie alle migrazioni interne dalle regioni meridionali durante gli anni ' 50. Questi lavoratori non erano dotati di specifiche professionalità alimentavano la figura del cd "operaio massa" difficile da sindacalizzare: essi non si riconoscevano nella cultura sindacale oltre che politica della CGIL; inoltre rappresentavano una domanda di lavoro guardata con sospetto dai lavoratori del nord perché capace di Condizionare il mercato del lavoro abbassando il livello dei salari.
D'altra parte l'operaio sindacalizzato era visto dall'operaio massa come un'élite lontana e dedita a conservare i propri privilegi.
Questo flusso continuo di domanda di lavoro contribuiva, pertanto, a tenere basse le paghe e a rendere debole il sindacato nella contrattazione.

Questo stato di malessere che si rifletteva nel calo progressivo degli iscritti e nella perdita di forza nelle zone a maggiore industrializzazione fu oggetto di discussione durante il convegno nazionale sull'organizzazione tenuto a Roma nel dicembre '54, dal quale scaturi la richiesta di costituzione di sezioni sindacali di fabbrica accompagnata, tuttavia, dalla tradizionale preoccupazione che ciò potesse costituire motivo di divisione del movimento.

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