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La scissione dei sindacati del luglio 1948


L'uscita della corrente democristiana dalla CGIL avvenne a seguito dello sciopero di protesta per l'attentato a Togliatti deliberato dal direttivo della Confederazione la sera del 14 luglio 1948. La mattina seguente, la corrente di Pastore dichiarò che lo sciopero era in contrasto con l' art.9 dello statuto e ne chiese la chiusura entro la mezzanotte. Ma tali richieste non furono prese in considerazione: la maggioranza dell'esecutivo proclamò la conclusione dello sciopero per le 12 del 16 luglio.
Questo consentì a Pastore di affermare che la maggioranza aveva provocato con la propria delibera la rottura dell'unione sindacale.
Nel frattempo giunse la notizia da parte della corrente democristiana che le ACL! stavano pensando ad un'autonoma organizzazione.
Di Vittorio espulse dal direttivo i membri della corrente cattolica per non aver partecipato allo sciopero ponendosi fuori della disciplina sindacale.
Si trattava, in effetti, di schermaglie che nascondevano l'obiettivo di Pastore di fondare un'autonoma Confederazione e lo scopo dei comunisti di riacquistare il controllo politico della Confederazione, pur mantenendo la finzione dell'unità.

La proclamazione dello sciopero del 14 luglio adotta come causa della scissione fu, in realtà, pretestuosa: la corrente cristiana aveva scelto la via occidentale della ricostruzione nell'ambito del piano Marshall ponendosi in contrasto con la CGIL. Resta, poi, da considerare le pressioni esterne sulla corrente democristiana che provenienti dall'ambasciata americana di Roma e dalle ACLI che spingevano verso la scissione. Infatti, T. Lane, ex sindacalista della AFL American Federation 0f Labour, e l' ambasciatore americano Dunn che erano in buoni rapporti con Pastore: l'AFL puntava ad un sindacato anticomunista che comprendesse tutte le minoranze della CGIL.
Questo sostegno americano era decisivo per Pastore per i finanziamenti che potevano provenire dal sindacato d' oltre atlantico e la conseguente possibilità di sottrarsi ai condizionamenti delle ACLI e della DC. Ma il TUC e il CIO erano contrari alla scissione.

Anche all'interno della DC i pareri erano diversi: Fanfani coltivava la tesi irrealistica della possibile conquista dall'interno della maggioranza; Taviani puntava al grande sindacato di tutte le componenti anticomuniste ma con forte ipoteca del partito; la dirigenza delle ACLI aveva maturato il disegno della scissione in funzione della creazione di un sindacato confessionale.


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