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L'impegno personale e la funzione della società

L’impegno personale alla prosecuzione delle regole espresse nel minimo consenso, implica che ogni cittadino debba sacrificare i suoi interessi a breve termine se tali interessi richiedono azioni o politiche dannose per la sopravvivenza della democrazia.

Questo impegno, dunque, non è basato necessariamente sull’altruismo; può essere semplicemente un’espressione di un interesse a lungo termine.
L’analisi precedente fornisce la base per diverse conclusioni:
1. In una società pluralistica ci sono differenti punti di vista sul valore ultimo agli individui ed alla società; quindi non è necessariamente possibile ottenere un ampio consenso riguardo questi valori.
2. Ciononostante, una preponderante maggioranza di cittadini concorda sulle regole sociali di base necessarie per l’operato di una democrazia. Per la maggior parte tale accordo, rappresentato dal minimo consenso, è piuttosto generalizzato e vago, ma contiene assoluti principi specifici senza i quali la democrazia non può esistere.
3. Ogni cittadino in una democrazia ha almeno un concetto implicito di “interesse pubblico”, che è più o meno, un dettagliato concetto di come un governo dovrebbe portare avanti la sua funzione nella società.
4. Poiché i cittadini differiscono ampiamente per valori e caratteristiche, c’è un’ampia varietà di concezioni su cosa sia realmente “l’interesse pubblico”.
5. Ogni persona può credere la sua concezione superiore a tutte le altre, ma non è possibile per nessun cittadino o governo ufficiale, far scaturire un singolo puto di vista che possa essere considerato il solo ed il migliore concetto di interesse pubblico.
6. Tuttavia, la competizione politica forza ogni pubblico ufficiale o politico a sviluppare delle concezioni di “interesse pubblico”, con i quali può, su richiesta, difendere le sue decisioni ufficiali.In accordo con Schubert, ci sono 3 maggiori scuole di pensiero sui contenuti del pubblico interesse:
la prima è la scuola razionale che ritiene che sia giusto fare quello che la maggioranza delle persone vuole sia fatto; il governo dovrebbe intuire quello che le persone vogliono e poi dovrebbe adoperarsi per realizzarlo; crede dunque che il pubblico interesse consista nel “volere delle persone”.
La seconda è la scuola idealistica, la quale ritiene che il pubblico interesse consista nel corso dell’azione che è migliore per la società tutta in accordo con alcuni valori standard.La terza è la scuola realista, la quale crede che il pubblico interesse non abbia contenuti definibili di per sé, ma che quando si dice “nel pubblico interesse” lo si dice per indicare il modo di prendere alcune decisioni.Mentre l’opinione pubblica ha certamente un ruolo nel processo decisionale di un governo, la prima scuola di pensiero, quella razionale, colloca troppa importanza su questo ruolo. Ci sono, infatti, molte ragioni sul perché non si possa agire sempre seguendo la volontà della maggioranza dei cittadini.In primo luogo perché la maggioranza delle persone non è informata su quelli che sono i più comuni valori pubblici e non hanno una visione oggettiva su quello che realmente andrebbe fatto in certe situazioni.Oltretutto, anche se le persone fossero abbastanza informate per avere opinioni definite, probabilmente non sarebbero concordi gli uni cogli altri.Nella maggior parte dei governi, infatti, le decisioni sono basate su un’applicazione diretta di quei valori assoluti, come anche dice la teoria idealistica.Tuttavia, anche analizzando a fondo ognuna delle 3 scuole di pensiero descritte da Schubert, non è possibile rispondere esplicitamente alla domanda su “cosa sia nel pubblico interesse” in una maniera che possa mettere tutti d’accordo, anche se l’analisi illumina un po’ di più la natura finora oscura di tale concetto e può essere utile come background per l’esplorazione di altre domande.

Tratto da RESPONSABILITÀ DEI MEDIA di Marco Cappuccini
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