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Chion e l'audiovisione. Colonna sonora e colonna visiva


Il sonoro costituisce una delle due macrodivisioni (visivo / sonoro) del film, che però sono frutto di una suddivisione problematica; il cinema si divide in “muto” e “sonoro”, ma Chion parla di film “sordo” per il muto, e in genere l’assenza del parlato e del sonoro può farsi sentire o meno (nell’espressionismo tedesco si prescinde dal sonoro per fare riferimento alle sole immagini, mentre nei film mitologici italiani le lunghe didascalie evidenziano la mancanza del sonoro nel processo di significazione); inoltre, molti film “muti” non sono tali perché pensati in rapporto ad una musica concepita per essi (Rapsodia satanica) e dunque non prescindono da un sonoro eseguito in sala e non legato alla pellicola.
La distinzione tra colonna sonora e visiva è arbitraria, e Chion nega l’esistenza della banda sonora come autonoma da quella visiva, in quanto il missaggio è sempre fatto sulla base dell’elemento visivo e il montaggio dipende in parte da quello sonoro, sicché Chion parla di “audiovisivo” per il montaggio e di “audiovisione” per l’esperienza cinematografica; tuttavia, il découpage si basa sull’elemento visivo e non può scomporre il piano sonoro, in cui i “raccordi” sono impercettibili e si ha un flusso non frammentabile; la musica nel cinema narrativo classico è necessaria per la fluidità del racconto, coprendo i raccordi e sovrapponendosi al visivo con il suo flusso continuo, e in genere è extradiegetica (“musica da buca”), ma tale nozione non è chiara, perché una musica può iniziare come diegetica e poi “extradiegetizzarsi” (cambio di sequenza, in una “dissolvenza incrociata sonora”) o viceversa. Ciò vale per tutti gli elementi sonori, la cui distinzione in musica, rumori e voci è anch’essa problematica per l’interazione tra loro; la gerarchia è voce (umana) – musica – rumori (ma Buñuel parodizza la voce extradiegetica del film documentario che mira a “nascondersi”), e ciò perché la voce esprime una serie di significanti che va ben oltre i contenuti espressi (discorso del "Grande Dittatore" di Chaplin); la voce di Garrison in "JFK" che ricostruisce l’attentato è diegetica, ma i frammenti visivi formano un “flashback” molto anomalo, una voluta confusione di fonti (filmato originale in 8mm, fiction in bianco e nero e a colori con diverse grane e velocità) che esprime la tesi di Garrison ed è accompagnata da musica extradiegetica “sotterranea” e da rumori, diegetici rispetto al flashback (spari) ma teoricamente extradiegetici, sicché si ha una “doppia diegesi” soprattutto sul piano sonoro.

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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