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Crisi dell'immagine-movimento. Neorealismo e cinema d'autore


La crisi dell’immagine-movimento è data da una situazione dispersiva, da raccordi indeboliti tra personaggi e ambiente e tra situazione e azione e da un’azione che diviene “balade”; inoltre, si determinano “cliché ottico-sonori” tra personaggi e mondo, “immagini fluttuanti” che si compongono di cliché fisici e psichici, in un “iperrealismo” o “fotorealismo” che ritrae soggetti stereotipici in un’azione di “di secondo grado” (Pop Art); infine, il mondo ridotto a immagine rinvia ad un potere occulto che svuota il mondo della sua energia vitale. La tassonomia dell’immagine-movimento si rapporta alla storia del cinema, alla teoria dei generi e a quella dell’autore; l’immagine-azione è il momento “rappresentativo” del cinema, il cinema classico; i generi vengono riclassificati in base al loro modo di organizzazione spazio-temporale, ed esiste una forma classica del cinema istituzionale, in cui però si insinuano forme diverse come mondi originari (pulsione), mondi sospesi (affezione) e mondi mentali (relazione); pertanto, ci si ricollega anche alla teoria dell’autore, con ogni tipo di immagine correlato ad un autore, ma l’autore non è più padrone, bensì prodotto dell’opera e dei concetti filosofici che essa esprime (come nella “politique des auteurs”, l’autore non è padre dei suoi film ma prodotto della pratica interpretativa cinefila a partire dai testi); la storia del cinema è quindi discorso degli effetti e non delle cause, in un antistoricismo che si focalizza sui singoli film e rifiuta il determinismo dell’evoluzione storica.
La nuova situazione è definita da “veggenza”, “erranza” e “intollerabilità” (la “veggenza” è in realtà “vedenza”, attitudine visiva), ed è incarnata dai personaggi del neorealismo (Edmund in "Germania anno zero") e oltre (Travis in "Taxi driver"); Rossellini sostiene che il suicidio di Edmund è in realtà un “atto di speranza”, e ciò si spiega in una situazione non naturalistica ma ritualizzata, in cui il suicidio è sacrificio per la comunità e i sistemi morali sono in fluttuazione e in crisi come quelli cognitivi; anche in Ladri di biciclette il viaggio dei protagonisti è un vagare, una “flânerie” non dandystica ma proletaria, in cui la verosimiglianza cede il passo alla dimensione onirica; in questo quadro Fellini e Antonioni non sono i “traditori” del neorealismo, ma la sua evoluzione entro le stesse linee, così come Rossellini con “Viaggio in Italia”, e in tale passaggio si distinguono la “voyance constatativa” di Antonioni e la “voyance instatativa” di Fellini, corrispondenti alla “astrazione” dell’arte nordica e alla “immedesimazione” dell’arte mediterranea, e consistenti in un distacco da ciò che si vede (Antonioni) e in una crisi esistenziale che sfocia in un’oggettivazione di fantasmi del passato entro una sfilata circense cui si partecipa (Fellini).

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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