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Tipi di focalizzazione nel cinema. Genette e Barthes


L’anno chiave per l’analisi dell’enunciazione cinematografica è il 1983, ed il problema centrale è la gestione della focalizzazione (il punto di vista), sulla scorta di Genette e della sua analisi della "Recherche" di Proust in "Figure III", e l’interesse per tali analisi scema con "Nuovo discorso del racconto", sempre di Genette; la focalizzazione è distinguibile in “zero” (le informazioni narrative non vengono mediate da un “foyer”, un “fuoco”), “interna” (il “foyer” è costituito da un personaggio, dal cui punto di vista gli eventi sono narrati) o “esterna” (il “foyer” esiste ma non è preso in carico da alcun personaggio; detta anche “spettatoriale” in quanto non illimitata come la “zero” ma parziale); per il cinema, però, il punto di vista non è metaforico come in letteratura, ma è prodotto dalla collocazione fisica della cinepresa, e dunque la narrazione filmica vede una divaricazione delle focalizzazioni; Jost distingue un foyer narrativo, uno visivo e uno sonoro, e dunque una focalizzazione (sapere), ocularizzazione (vedere) e auricolarizzazione (sentire), ed anche Metz distingue focalizzazione cognitiva, visiva e auditiva; Hitchcock è l’autore che più sfrutta le diverse focalizzazioni, e in specie la differenza tra quella cognitiva e visiva ("Il sospetto", in cui una focalizzazione cognitiva e visiva interna è spezzata da due sequenze visivamente “esterne”, e si hanno “pseudosoggettive” in cui si dà l’impressione di una soggettiva che però non è tale).
Barthes, in "Rhétorique de l’image", analizza i linguaggi non verbali come tali solo per la mediazione della parola, in un rapporto immagine – parola di “ridondanza” (“ancoraggio”) o “scambio”; in seguito (1970), Barthes sviluppa la nozione di “terzo senso” o “senso ottuso” rispetto ad un fotogramma di Eisenstein, e distingue un primo livello informativo, un secondo simbolico e un terzo “ottuso”; il primo corrisponde alla denotazione o “comunicazione”, il secondo alla “significazione” (come in Panofsky significato “naturale” e “convenzionale”), il terzo viene detto “significanza” e non fa riferimento ad un “sistema” né e segmentabile.

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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