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Sentimenti onirici, simbolo, pensabilità


Tagliacozzo propone di pensare che la mente dell’analista possa fungere da apparato metabolico degli elementi indigeriti dalla mente del paziente, i quali possono presentarsi nel sogno come resti, o contenuti privi di correlato simbolico e pensabilità. Il materiale del pensiero onirico è trattato come una cosa non trasformata, ma bisognosa di evacuazione, il che è una forma di comunicazione, una ricerca di senso. Il paziente cerca la mente dell’analista per sognare parti del suo sogno, per elaborare una trasformazione, a partire da un’evacuazione. E’ un’operazione che nasce dall’interno di una relazione (madre, analista, gruppo) che presuppone una relazione contenitore-contenuto, che porti ad una separazione dall’oggetto concreto ed una pensabilità emotivo-concettuale di esso.
Il simbolo non è solo tutto ciò che produce o è prodotto da un’interpretazione, ma ha caratteristiche proprie nella indeterminazione, nella polivalenza dei significati e dei riferimenti, nella possibilità di essere interpretato sia sul piano cosciente che inconscio, nella capacità di sintetizzare gli opposti e di esprimere l’indicibile, in quanto sfugge, almeno in parte, alla ragione e a ogni progetto di razionalismo.
L’atteggiamento di Bion nei confronti dell’attività simbolica è quello di significarla, cominciando dal suo rovescio, ovvero dal lato della sua mancanza, o inaccessibilità, o deformazione.
Secondo Ferenczi sta nell’insufficiente capacità di discernimento propria dell’infanzia la condizione fondamentale per l’insorgere delle fasi preliminari ontogenetiche e filogenetiche dei processi cognitivi e all’uso della parola “simbolo” per denominare tutte le fasi cognitive preliminari. Simboli in senso psicoanalitico sono quelle cose che possiedono un investimento affettivo inspiegabile e infondato e delle quali è possibile stabilire che devono tale rilievo affettivo all’identificazione inconscia con un’altra cosa cui, in realtà, quell’eccedenza appartiene.
La relazione analitica consente la possibilità di far scorrere il simbolo stesso da una condizione preliminare della conoscenza ad un’altra più evoluta, dotata di qualità espressive e significanti.
Possiamo considerare la concezione bioniana del simbolo da 3 punti di vista: quello per il quale il simbolo è il prodotto di un’esperienza che è stata attraversata e resa comunicabile; quello del simbolo formato da un accordo collettivo nel riconoscere che esso contiene un insieme di esperienze e rappresentazioni condivise; quello che travalica l’idea di una funzione mentale che può produrre esperienza e conoscenza e quindi uso del simbolo, per situare il simbolo e il suo uso al di là del processo stesso di esperienza e conoscenza, come se esso potesse essere prodotto privatamente e esistere di per sé, in un mondo originario e indipendente dal fatto di essere generato all’interno di relazioni e fosse dotato di valori propri, soggettivi e non condivisibili.

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