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Il senso comune come sistema culturale


Che cos'è il senso comune?
È quello che tutti sanno, e si tratta di qualcosa che va da sé, e di cui possiamo dire che lo sanno tutti. Anche il linguaggio comune lo intende come un modo ordinario, proprio della maggior parte della gente, di intendere e di giudicare. Comune significa, dunque, nello stesso tempo ordinario e condiviso intersoggettivamente.
Si può parlare di senso comune come di un sistema culturale perché, innanzitutto, si tratta di un insieme di quadri di pensiero, di rappresentazioni e di schemi percepiti che presentano sia aspetti cognitivi sia simbolici, utilizzati dai soggetti a un livello implicito. È dunque un sapere incorporato in pratiche e regole sociali, presente nella mente allo stato latente, che può quindi essere mobilitato senza rendersene conto.
Un esempio ci è fornito da Boudon (1989) che, per riferirsi ad esso, usa il termine "disposizione". Quando giudichiamo illogica l’azione del primitivo che compie la danza della pioggia, stiamo utilizzando in realtà, senza essere coscienti, le nozioni di causa ed effetto che fanno parte del nostro bagaglio culturale. Queste sono divenute per noi modi naturali di pensare, ma in realtà sono stati elaborati nel corso di secoli. Noi sappiamo che la danza non è la causa della pioggia perché applichiamo spontaneamente le regole dell'induzione di Mill, anche se magari non sappiamo nemmeno chi sia Mill.
Del senso comune fanno parte, oltre alle categorie e alle nozioni generali, anche i modi di rappresentarci gli altri e di percepire l'ambiente sociale, che hanno un carattere descrittivo e allo stesso tempo normativo (es mi posso rappresentare qualcuno come straniero, in questi casi la percezione di una persona come straniero, non è una semplice nozione descrittiva, ma implica anche delle aspettative). Questi schemi, che riguardano credenze sugli attributi personali di interi gruppi sociali, sono chiamati anche stereotipi e sono stati studiati dalla psicologia sociale.
Molto importanti per la sociologia sono le ricerche di Tajfel (1981) che hanno evidenziato le motivazioni autoproduttive degli stereotipi, in quanto dipendono dall'esigenza di mantenere o di raggiungere un'immagine positiva di se stessi e del proprio gruppo di appartenenza. Nel senso comune rientrano anche le regole pragmatiche e contestuali dell'attribuzione di significato, dalle maniere di cortesia ai rituali del saluto, studiate da quella branca della sociologia che va sotto il nome di etnometodologia, che significa studio dei metodi impiegati dagli attori nel ragionamento pratico della vita quotidiana.
Lo studio del senso comune, che è stato il centro della filosofia e della psicologia cognitiva, nell'ambito della prospettiva sociologica acquista un diverso orientamento. Dai processi psicologici individuali si passa ai processi sociali che sono alla base dei quadri del pensiero comune: è nelle pratiche sociali, nei momenti associativi, nelle forme delle relazioni sociali che si trovano i dispositivi materiali che riproducono questo tipo di sapere.
Sono due le tradizioni e gli orientamenti che in sociologia si sono occupati di questo tema, diversi per la prospettiva teorica e la metodologia di fondo, ma, nonostante ciò, convergenti soprattutto nel comune distacco dall'approccio della scelta razionale. Si tratta della scuola di Durkheim, che ha studiato le categorie della mente e le forme primitive di classificazione e di un orientamento più vasto, che comprende il pragmatismo* americano e la fenomenologia, rivolto soprattutto a studiare le modalità del ragionamento pratici e della costituzione pragmatica di un ordine simbolico.

*pragmatismo: corrente filosofica di origine anglo-americana, per la quale ogni principio teorico è valido solo se si traduce in azioni concrete utili all'uomo; comportamento o atteggiamento motivato da esigenze pratiche più che teoriche o ideali.

Tratto da SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI di Manuela Floris
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