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Comunicazione



Emissione intenzionale di un messaggio codificato secondo certe regole socialmente riconosciute e rivolto a dei riceventi. Nella comunicazione esiste una certa intenzionalità (elemento che differenzia la comunicazione dall'informazione), un messaggio, verbale e non, e affinché il messaggio sia comprensibile ci sono alcuni codici (possibilità a cui attingiamo per formulare i contenuti dei messaggi e che permettono ai partecipanti – emittente e ricevente- di capirsi), e infine c'è un contesto, che permette di codificare e capire bene l'atto comunicativo in corso. L'informazione invece consiste in una serie di espressioni trasmesse in maniera non intenzionale da parte dell'emittente, e che ci informano sulle caratteristiche dell'emittente stesso e sulle circostanze in cui questo opera. Nelle normali interazioni quotidiane, gli individui fanno uso di un misto di comunicazione e informazione, e quindi di messaggi emessi intenzionalmente e di altri su cui il controllo è minimo o nullo. Nella comunicazione è inoltre un elemento fondamentale la fiducia, il contesto e la cornice. Il frame, cioè la cornice, è stata introdotta da Bateson ma usata da Goffman nell'approccio sociologico alla comunicazione: se il frame è una cornice che noi poniamo attorno a una situazione, per capire il “messaggio” di un evento comunicativo bisogna vederlo nella sua cornice primaria. È possibile mettere un'ulteriore cornice attorno al frame primario, trasformandone così il significato. Il suo significato varia col variare del frame che lo incornicia. Nelle nostre conversazioni ordinarie mettiamo spesso delle cornici attorno ai nostri enunciati.
Alla base della comunicazione ci sono le idee di reciprocità e di vincolo, sono anche alla base della vita sociale. Idea di comunicazione come condivisione di reciprocità ci suggerisce uno scenario dove le persone sono legate e vincolate le une alle altre, dove quindi gli uni avranno delle aspettative sugli altri, e sapranno che questi ultimi avranno, reciprocamente, delle aspettative su di loro, e così via.
Assioma della Scuola di Palo Alto: “è impossibile non comunicare”. Comunicazione come una relazione in cui qualcuno (l'emittente) invia un messaggio a qualcun altro (il ricevente); il messaggio deve essere costruito per mezzo di una serie di codici che siano almeno in parte condividi da coloro che sono impegnati nell'atto comunicativo, e viene trasmesso attraverso uno o più canali, ovvero apparati fisici che possono essere naturali (come i nostri sensi) o artificiali (come le tecnologie della comunicazione). Il tutto avviene in un contesto, che fa da cornice all'atto comunicativo in corso.

Jakobson ha legato a questi elementi altrettante “funzioni”, partendo dal presupposto che la comunicazione non solo si compone di diversi elementi, ma risponde anche a determinate funzioni, ciascuna legata ai singoli costituenti del processo comunicativo.
Le funzioni sono:
1) ESPRESSIVA O EMOTIVA: si lega all'emittente e si concretizza nella possibilità che ha questi di esprimere i propri sentimenti, le proprie emozioni e i propri stati d'animo nel corso della comunicazione;
2) CONATIVA: l'attenzione è posta sugli effetti che la comunicazione ha sul destinatario del messaggio;
3) POETICA: è la funzione legata al messaggio. Si dice poetica perché è proprio nella poesia che vengono valorizzati questi aspetti formali e linguistici del messaggio;
4) REFERENZIALE: si riferisce al contesto;
5) FàTICA: funzione che si lega al canale. Tipico della funzione fàtica è di stabilire, mantenere, verificare, interrompere o chiudere la comunicazione.
6) METALINGUISTICA: al centro dell'attenzione è il codice, che è esso stesso l'oggetto del discorso.

È importante notare come le funzioni della comunicazione di Jacobson vadano intese come tutte presenti, in maggiore o minore misura, all'interno di un atto comunicativo.

Secondo la scuola di Palo Alto, i codici vanno distinti tra analogici e numerici. In un normale processo comunicativo possiamo riferirci a oggetti o concetti rappresentandoli oppure nominandoli, parlandone. Nel primo caso si dice che utilizziamo un codice analogico, cioè che i segni che noi utilizziamo per la nostra rappresentazione hanno una qualche relazione con ciò a cui ci riferiamo. Nel caso in cui, invece, per descrivere la mia arrabbiatura mi serva solo del linguaggio, si parlerà di codice numerico.
Secondo questa distinzione, il codice analogico ha un qualche legame con ciò a cui si riferisce, mentre quello digitale è di natura prettamente conversazionale.

I codici inoltre possono essere linguistici, paralinguistici, cinesici, prossemici e aptici.
Il codice linguistico si riferisce all'uso del linguaggio nel corso di un atto comunicativo.
Il codice paralinguistico fa riferimento a tutti quei suoni che non rientrano propriamente all'interno di una lingua, ma che ricoprono importanti funzioni nello svolgimento di un processo comunicativo (sono “beh” “ehm”...).
Il codice cinesico si riferisce allo sguardo e ai movimenti del volto e del corpo (smorfia).
Con la prossemica allarghiamo il campo alla gestione dello spazio intorno a noi, a come cioè ci muoviamo nell'ambiente, e al modo in cui manteniamo o meno le distanze con le persone che si trovano nel nostro raggio di azione (avvicinandoci o allontanandoci).
Il codice aptico, infine, si riferisce ai contatti corporei con le altre persone (abbraccio).

Tutti i codici appena visti cono compresenti: l'utilizzo di un codice comunicativo non esclude l'altro.
In un modello comunicativo più semplificato la questione dei codici è considerata centrale: si tratta del modello codifica/decodifica (encoding/ decoding), dove il primo termine si riferisce alla “messa in codice”, ovvero nella confezione del messaggio comunicativo, e il secondo si riferisce alla sua ricezione e alla sua interpretazione. L'operazione di decodifica consiste nel riconoscere i codici con cui è stato messo a punto il messaggio, e quindi nell'interpretare il contenuto del messaggio stesso. Il modello di codifica/decodifica vale tanto per la comunicazione interpersonale quanto per la comunicazione tipica dei mezzi di comunicazione, di massa e non. Ma vale anche per i processi comunicativi in termini più generali, ad esempio quelli che si stabiliscono all'interno di una società.
Concetto molto importante nella comunicazione interpersonale, elaborato da Bateson: il “doppio legame”, cioè una comunicazione paradossale, dove un messaggio comunica con un'autocontraddizione. Si può trattare di due messaggi contraddittori oppure di un solo messaggio contraddittorio.

Thompson invece parla della presenza di tre livelli di interazione comunicativa:
1) l'interazione faccia-a-faccia: interazione comunicativa dove i parlanti sono presenti l'uno all'altro e partecipano condividendo gli stessi riferimenti spazio-temporali. È inoltre dialogica, cioè permette un flusso bidirezionale tra emittente e ricevente; infine consente l'utilizzo di molteplici codici comunicativi.
2) l'interazione mediata: comunicazione che avviene tramite strumenti per la comunicazione come lettere o il telefono: rispetto alla prima, qui i partecipanti si trovano in ambienti differenti nello spazio e/o tempo, e inoltre i codici a loro disposizione sono decisamente più limitati.
3) la quasi-interazione mediata: modalità di comunicazione stabilita dai mezzi di comunicazione di massa, che rispetto alle due precedenti presenta almeno un paio di differenze: i codici prodotti dai diversi canali mediatici sono rivolti a un insieme di riceventi potenzialmente infiniti. È inoltre una sorta di monologo, e alla bidirezionalità delle prime due si sostituisce una sostanziale unidirezionalità.

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