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FILOSOFIA DELLE PERIFERIE


Divenire periferia oggi è diverso rispetto al passato, si assiste all’esplosione di periferie eterogenee e al contempo al loro progredire verso i centri delle città.
La concezione delle periferie è fortemente legata al pregiudizio che le conferisce una connotazione negativa infatti si tende a intendere le periferie come al male e come qualcosa che non è città, è per questo che si continuano a prediligere i centri rispetto alle periferie.
Ci si occupa di filosofia delle periferie per comprendere l’origini di alcune concezioni dominanti e si sono individuali alcuni modelli concettuali che Franco Farinelli ha chiamato modelli del mondo.

• Il modello filosofico dominante nella cultura antica era il modello platonico (dall’essere derivano i molti) che prevede ci sia un essere al centro di tutto che crea per irradiamento l’universo attraverso una serie di aloni concentrici secondo una concezione emanatista (dal centro verso l’esterno).
Allontanandosi dal centro si ha all’estremo la materia che è il livello più scadente dell’essere o meglio la privazione stessa dell’essere.
Richiama la struttura del sistema solare o del nucleo di un atomo, dove tutto ruota attorno ad un centro che corrisponde al bene, bello, giusto.
L’enorme positività del centro investe l’intorno e allontanandosi progressivamente si va a perdere perché si va incontro al male e questo ha influenzato il modo di pensare del mondo occidentale nella contemporaneità.
L’allontanamento dal centro determina una sorta di perdita e di impoverimento, la periferia rappresenta il regno della nostalgia inteso come dolore della volontà del ritorno verso il centro.
Nella tradizione occidentale il modello predominante è quello platonico caratterizzato da un pregiudizio emanatista ed ha influenzato il modo di pensare la struttura della città e i rapporti tra gli spazi.
Tutte le città antiche hanno orientamenti e strutturazioni imperniati sul rapporto centro- periferia infatti il centro ha margini ben definiti (le città romane hanno il pomerium ovvero una fascia di territorio al di la delle mura ed è considerata una zona sacra essendoci le divinità che proteggono la città).

• Un contro modello è rappresentato dal modello democriteo-epicureo, si tratta di un modello materialista e fa riferimento al continuo movimento degli atomi (concezione atomistica) Sostiene che non si ha più un unico centro ma ogni punto può essere relativamente centro, quello che non esiste più è un unico centro generatore in quanto si ha una continua ricombinazione che da luogo ad aggregazioni sempre nuove.
Si tratta di un modello più democratico e meno gerarchico rispetto a quello platonico, in quanto non c’è più differenza tra centro e periferia non essendoci un orientamento preferenziale, inoltre affinchè ogni luogo possa essere centro si presuppone che ci sia un universo continuo.

Per la filosofia politica la differenziazione tra centro e periferia non è altro che uno strumento di controllo e di domesticazione dello spazio per questo motivo il discorso sulla periferia è connesso al concetto di disuguaglianza sociale infatti le città europee hanno istituzionalizzato questa differenza per dare una forma spaziale e strutturare le differenze di status e classe sociale.
La città, in particolare il rapporto tra centro e periferia, subisce dei cambiamenti a seconda delle varie epoche.
La città in Europa fino al Settecento era una città murata, durante l’Ottocento invece si distinguono le zone in cui vivevano i nobili e quelle in cui vivevano gli artigiani.
Ci si interroga su come il centro produca periferia.

Tratto da SOCIOLOGIA DELLA CITTÀ di Francesca Zoia
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