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Sociologia della città


Gli studi urbani coinvolgono discipline diverse come la filosofia, geografia, antropologia che permettono di delineare le coordinate generali del concetto di periferia.
Il concetto di periferia non è un concetto autonomo in quanto esiste solo nel momento in cui esiste un centro, si tratti di due concetti che hanno un rapporto tra loro in quanto si può affermare che il centro produce periferia.

Il termine periferia deriva dal verbo greco peripherein che significa tracciare una circonferenza, ovvero una linea che divide un interno ed un esterno, secondo questa accezione etimologica la periferia è il risultato di un gesto che delimita due settori differenti e il prodotto di un segno che ribadisce un confine a questa viene aggiunto il riferimento simbolico del cerchio che individua un kosmos.
Il cerchio individuato dalla linea è un’entità geometrica e spaziale chiaramente definibile mentre tutto ciò che rimane fuori è un’entità non organizzata, peripherein è quindi una linea che include ed al tempo stesso esclude ed è solo mediante il tracciamento della linea che unisci tutti i punti che hanno la stessa distanza dal centro che questo diviene tale (kentron, ovvero punto in cui si appoggia l’ago del compasso per tracciare la circonferenza).
Il tracciamento della linea che concretizza il peripherein è un gesto che comporta una serie di conseguenze in quanto, nel momento in cui si decide ciò che sta fuori e ciò che sta dentro, si stabilisce un ordine politico e una gerarchizzazione degli spazi.

La periferia, nel corso della storia, ha sempre avuto una concezione negativa legata ad una serie di pregiudizi che si sono rafforzati particolarmente nel momento in cui si è assistito alla formazione della città industriale.
La periferia è stata a lungo in Europa una sorte di piccolo Oriente, ovvero un luogo popolato da personaggi particolari e folkloristici e per questo praticamente off limits per i ceti borghesi che vivevano in centro, era una terra di confine tra la città e la campagna e il fatto di essere un territorio intermedio richiamava l’idea che fosse un luogo senza qualità in quanto privo delle caratteristiche positive sia dell’urbano che della campagna.
Il Movimento Moderna pensava che la periferia dovesse essere fatta diventare città attraverso la sua demolizione e la successiva costruzione attraverso l’adozione di soluzioni sbrigative.
Le città sono cambiate a causa del fenomeno di globalizzazione infatti i centri sono diventati ancora più centri mentre le periferie ancora più misere inoltre, a differenza di quanto avveniva in passato nelle città industriali, i centri producono periferie ma non le includono in un progetto sociale ma le relegano in una dimensione di esternitò.
I nuovi sistemi di comunicazione, come internet e i viaggi low cost, hanno cambiato il mondo.
La globalizzazione ha un’influenza non solo nel mondo lavorativo ma anche a livello demografico nel senso che si assiste ad un invecchiamento della popolazione e ad una riduzione della natalità ma soprattutto ha fatto saltare i vecchi sistemi urbani.

A Milano manca la parte industriale, dal 1991 al 2005 la città ha perso gli addetti alle industrie non producendosi più nulla in quanto quest’ultime sono state sostituite da nuove attività.
Oggi sono presenti prevalentemente attività post-industriali relative alle economie cognitive, sapere, innovazione ovvero tutte attività legate all’ideazione di un prodotto.
Questo si riflette in cambiamenti spaziali e del rapporto tra centro e periferia, non c’è più il centro con uffici e centri direzionali e la periferia con fabbriche e abitazioni dei lavoratori.

Se si osservano le periferie nelle varie città europee come Parigi, Berlino (Plattenbau, edifici di edilizia popolare di grandi dimensioni costruiti con pannelli prefabbricati o Siedlungen), Amsterdam
e Mosca (Krusciovke, palazzine popolare costruite nel secondo dopoguerra da Krusciov) si può notare come siano tutte simili tra loro, ovvero distese di grandi palazzi di edilizia popolari tutti uguali che ospitavano i lavoratori delle fabbriche.
C’è quindi un modello morfologico (modello della città industriale) che si ripete e anche il tipo di utenti che ci vivevano, la periferia risultava così facilmente riconoscibile.
Oggi invece non ci vivono esclusivamente operai ma si ha una situazione di mescolanza sociale, si ha così un nuovo mondo di periferie eterogenee (esempio a Rozzano vivono l’immigrato, l’operaio, il pensionato, il giovane precario e lo studente fuori sede).



Tratto da SOCIOLOGIA DELLA CITTÀ di Francesca Zoia
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