Skip to content

Stato e Stato moderno: problemi di definizione


Da tempo la sociologia e l’antropologia hanno individuato e descritto varie forme di esercizio del potere, inteso come facoltà di impartire ordini e di imporne l’esecuzione, che preesistono ai moderni organismi politici e che continuano ad operare al loro interno.
La novità, nell’Europa tra XV e XIX secolo, è costituita dalla progressiva affermazione di un potere che si proclama superiore a tutti gli altri, il potere dello Stato. Questo potere si incarna in un primo tempo in un individuo, il monarca, ma viene successivamente configurando come un’entità a sé stante. Già dal XV e XVI secolo esso si emancipa da ogni autorità esterna e, nello stesso tempo, si impone come suprema istanza nei confronti degli individui e dei corpi che rientrano nella sua sfera d’influenza.
Questa indipendenza esterna e questa facoltà di esigere obbedienza dai sudditi sono le componenti essenziali del concetto di sovranità, definito da JEAN BODIN (“Libri dello stato”) come suprema facoltà legislativa.  CHARLES LOYSEAU sostiene che la sovranità consiste nella potestà assoluta ed essa non ha grado di superiorità.

I giuristi tedeschi posthegeliani, formularono un’autorevole definizione dello Stato moderno, che deve avere le seguenti caratteristiche:
1) deve avere un territorio come esclusivo ambito di dominio,
2) deve avere un popolo, inteso come una stabile unione di persone legate da un solido sentimento di appartenenza,
3) inoltre lo Stato moderno deve avere un potere sovrano che :
all’interno significa monopolio legittimo della loro forza fisica,
all’esterno significa indipendenza giuridica da altre istanze.
Nella stessa direzione vanno le distinzioni di MAX WEBER tra “potere patriarcale”, “potere carismatico” e “potere razionale-legale”, quest’ultimo attributo della moderna statualità.
Inoltre Bodin afferma che  “potestà assoluta” non significa una potestà illimitata in quanto ha 2 limiti:
I. Un primo limite è rappresentato dal dovere del sovrano di rispettare la legge divina e, quindi, le leggi naturali che ne sono emanazione. Solo in casi estremi era possibile per i sudditi sottrarsi all’obbedienza verso il sovrano, ed il vincolo di coscienza che ne derivava ai regnanti era di notevole forza in un epoca in cui la loro autorità si giustificava ancora sulla base della sua origine provvidenziale.
II. Un’altra limitazione deriva dal fatto che esistevano delle “leggi fondamentali”, ossia l’ordine di successione e l’inalienabilità  del demanio territoriale,  del regno che il monarca era tenuto a rispettare.
Il potere sovrano, almeno agli inizi dell’età moderna, non vuole sostituirsi alle preesistenti strutture di autorità e di potere, ma vuole solo sovrapporsi ad esse  per mediarne le spinte centrifughe, per esercitare una tutela su di esse e per utilizzarle come terminali della sua azione sulla società.
Gli stati di antico regime sono organizzazioni differenti  dallo Stato moderno assoluto, in cui il potere era centralizzato e più autonomo,in quanto esse sono caratterizzate da un forte pluralismo di corpi, ceti e centri politici.
Con il termine “Stato per ceti”, solitamente si definiscono quelle formazioni politiche che si sono configurate nel XII e nel XIV secolo, in cui all’autorità del principe si contrappongono assemblee composte per lo più da tre camere rappresentanti il clero, la nobiltà, e le città. A volte queste assemblee possono essere costituite da due camere, come ad esempio in Inghilterra, dove vescovi e arcivescovi siedono al fianco dei nobili, oppure possono essere composte da quattro camere, laddove magnati e cavalieri formano due curie separate (come ad esempio in Germania).
In Spagna e in Francia queste assemblee tendono a non essere più convocate, mentre nel resto dell’Europa centro-orientale, continuarono a funzionare fino al XVIII secolo. Anche dove non esistevano parlamenti, come ad esempio nell’Italia centro-settentrionale, non c’è un rapporto diretto tra principi e sudditi. Questo rapporto viene mediato da corpi tra i quali hanno un peso dominante le città. A simili formazioni territoriali, non si può applicare la definizione di “Stato moderno”, ma è più opportuno parlare di Stati rinascimentali, o Stati di antico regime, o ancora di “monarchie composite”. È lecito parlare di Stati nazionali prima del rinascimento? Si è visto che in Francia e in Inghilterra lo stato precede la nazione  intesa come una comunità basata su una lingua, una cultura e un insieme di tradizioni e di valori condivisi.
Sono stati la Rivoluzione francese e il movimenti romantico a porre le basi per la costruzione di stati nazionali.

Tratto da STORIA MODERNA - 1492-1948 di Selma Aslaoui
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.