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La condizione dell mezzadria - 1960 -

 La condizione dell mezzadria - 1960 -


Al centro e al nordest del paese lo sviluppo sociale ed economico fu molto diverso sia dal Nord sia dal Sud. La mezzadria era da sempre l'ossatura forte del territorio e la sua fine secolare fu avvertita in modo drammatico. Queste difficoltà, però, non spinsero le vecchie famiglie mezzadrili ad abbandonare le proprietà, ma piuttosto a diversificare le fonti di reddito. La generazione più anziana continuò ad occuparsi della terra per soddisfare le necessità familiari mentre i giovani partirono per trovare fortuna altrove, nei capoluoghi di provincia o nelle grandi città.
Inizialmente vi fu una notevole differenza tra i movimenti di popolazione nel Nordest e nel Centro. Il Veneto conobbe tra il 1955 e il 1961 un tasso di emigrazione altissimo verso il triangolo industriale, più di quello meridionale, mentre gli abitanti del Centro si spostarono meno e in zone limitrofe.
A disparità di forme di emigrazione troviamo una omogeneità nei processi di industralizzazione: entrambe le zone videro un incremento assai marcato nel settore dell'industria. Fu questa una industrializzazione assai diversa dalle altre due, caratterizzata dalla diffusione delle piccole fabbriche, con meno di 50, e spesso di 20, lavoratori. Furono aziende che prosperarono nei settori tradizionali dell'abbigliamento, delle calzature, del mobilio, delle ceramiche e del pellame. Quasi tutte furono assai flessibili e capaci di adattarsi rapidamente al mercato, sempre orientate all'esportazione. Fu così che le piccole ma rinomate cittadine della terza Italia, fortemente
dinamiche già nel Medioevo e nel Rinascimento, trovarono nuova prosperità.
La crescita industriale, inoltre, non fu limitata alle principali città ma si diffuse nei piccoli centri e nelle campagne limitrofe. Le parole d'ordine erano industrializzazione diffusa e campagna urbanizzata. Città e campagna moltiplicarono i loro legami reciproci fino a formare dei veri e propri distretti industriali, in genere specializzati in un singolo ramo della produzione, come il tessile a Prato.
In questo processo di modernizzazione le ex famiglie mezzadrili ebbero un ruolo capitale. I giovani che avevano abbandonato la terra trovarono inizialmente lavoron come operai nelle città ma ben presto decisero di mettersi in proprio, con sorprendenti risultati. Sono i giovani industriali degli anni '60, self made man senza titoli superiori alla licenza media che si affidarono alle risorse e all'esperienza della propria famiglia.
Il governo centrale ebbe anch'esso un ruolo, anche se particolare. Diversamente che al Mezzogiorno, l'industria pubblica non intraprese un vasto programma di investimenti. Qui il ruolo del Governo fu permissivo e non propulsivo, tenendo la tassazione aziendale al minimo, conducendo rare verifiche fiscali, lasciando che fossero completamente ignorate le disposizioni di legge concernenti le attività industriali e permettendo la completa evasione del pagamento dei contributi sociali e previdenziali.
Il governo locale, democristiano o comunista che fosse, adottò il proprio limitato potere per agevolare ulteriormente le aziende. Il PCI non gradì il declino mezzadrile, storico nerbo del partito, ma sostenne le PMI indicandole come alleate potenziali dello strapotere dei grandi monopoli. La DC, naturalmente, non poteva che vedere bene un industrialismo familiare così vicino alla sua propaganda sull'ideale mondo moderno che avrebbe voluto. Su una cosa, poi, entrambi i partiti concordavano: una campagna urbanizzata con forti particolarismi locali era più sicura delle strade della metropoli milanese.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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