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Agitazioni contadine e risposta governativa - 1949 /1950 -


Nella storia d'Italia dal 1943 ad oggi, sono pochi i provvedimenti legislativi a cui è possibile attribuire senza riserve la qualifica di vere e proprie riforme: uno di essi fu costituito dalla serie di tre decreti riguardanti l'agricoltura approvati tra il maggio e il dicembre del 1950. Il tentativo di Gullo di riformare l'agricoltura meridionale non era stato coronato da successo, e Antonio Segni, ricco proprietario terriero sardo e suo successore dal luglio del 1946 fino al luglio 1951, si diede da fare per smantellare ciò che era stato fatto. L'articolo 7 del primo decreto dava in particolare ai proprietari il diritto di reclamare la terra se i contadini avessero violato le condizioni alle quali era stata concessa, una clausola di cui i proprietari abusarono ampiamente contro le cooperative agricole. Segni così si garantì nuovamente la fiducia delle élites meridionali, recuperando gran parte del terreno elettorale che era stato perso nel Meridione agricolo. I problemi però rimanevano e l'85% di famiglie povere al Sud non erano una favola. Nel 1949 il movimento contadino mosse di nuovo all'offensiva. Anche se mancava il sostegno legale dei decreti Gullo, gli occupanti continuarono a rivendicare il loro diritto alla terra. Le colonne di contadini che in quell'anno marciarono sui latifondi avevano spesso attaccata all'asta delle loro bandiere una copia della Costituzione repubblicana del 1948; in particolare l'articolo 42 era stato imparato a memoria.
Un grosso paradosso dominava il territorio meridionale: la maggior parte dei dirigenti del movimento contadino e parecchi tra i suoi esponenti più attivi appartenevano al PCI ma tutte le sezioni del partito erano completamente dominate dai contadini più poveri. Un aspetto, questo che causò non poca preoccupazione all'interno della direzione nazionale, preoccupata di fornire ai contadini guide efficaci che evitassero escalation rivoluzionarie, ora che il fallito attentato a Togliatti aveva distrutto ogni superstite illusione insurrezionale nel PCI settentrionale; una rivoluzione contadina di marca comunista al sud avrebbe, tra l'altro, offerto alla DC il destro per nuove offensive anticomuniste su scala nazionale. Non condividevano le medesime preoccupazioni i militanti dei territori interessati, riluttanti, quando non impotenti, a controllare efficacemente il movimento contadino già avviatosi. Su questo sfondo va inquadrata la strage di Melissa del 29 ottobre 1949, che puntò ancora una volta, dopo Portella della Ginestra, i riflettori sulle disumane condizioni dei contadini del Sud e che amplificò, anziché frenare, l'ondata rivoluzionaria contadina, che si estese a tutto il Meridione, oltre la Calabria, in particolare in Basilicata, Abruzzo e Sicilia, e addirittura al Nord, nel malmenato e povero Polesine.
Nel corso di queste lotte l'equilibrio tra le diverse componenti della coscienza contadina si spostò radicalmente. La sfiducia atavica, il fatalismo e l'individualismo tipici del Sud furono soppiantati da
una nuova solidarietà. Si creò una straordinaria ed esaltata fede pubblica, devota all'organizzazione e all'azione collettiva. Eppure il quadro non fu sempre e dovunque così roseo. In realtà esso fu percorso da tensioni e dissensi, anche perché le solidarietà cresciute in quel momento di azione collettiva non avrebbero potuto protrarsi indefinitamente. Quando furono occupate le terre, furono respinti tutti i tentativi di coltivarle collettivamente, così che si passò rapidamente alla lottizzazione a sorteggio. Nonostante ciò il movimento contadino degli anni 1944 – 1947 e 1949 – 1950 costituirono l'ultimo tentativo di spezzare il modello di una società frantumata dalla sfiducia e di collocare la famiglia entro un contesto collettivo. Il risultato più grande ottenuto fu il decreto sull'imponibile di manodopera, una norma di legge ottenuta dai sindacati dei braccianti italiani nel 1947 e che prevedeva l'obbligo da parte dei datori di lavoro agricoli di assumere e di impiegare una certa quantità di mano d'opera per un certo numero di giornate. Fatta applicare per un decennio grazie a durissime lotte, soprattutto nella valle padana, in Puglia e in Sicilia, sarà abrogato, nel 1958, dalla Corte costituzionale.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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