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Agricoltura e campagne

Se anche in questi anni fosse stata portata a compimento una più radicale riforma agraria, con una estesa distribuzione della terra su base più razionale, un miglioramento dei contratti agrari e un consistente aiuto statale ai nuovi proprietari, le zone montuose e collinari del Sud sarebbero comunque state destinate a perdere grosse unità di popolazione.
Gli incoraggiamenti e gli apprezzamenti espressi da Manlio Rossi Doria, durante un convegno organizzato dalla Fondazione Einaudi, sull'importanza dell'apertura di nuove strade per i contadini del Sud, che finalmente potevano passare al settore secondario passando a migliori condizioni di vita, poneva due grossi problemi.
- Il primo lo sollevò durante lo stesso convegno il comunista Pietro Grifone, stretto collaboratore di Gullo negli anni '40: il contadino meridionale non emigrava volentieri, non amava lo sradicamento e trasferirsi, ad esempio, a Stoccarda, era un trauma più che altro.
- La soglia fisiologica di emigrazione dai campi era superata. Se tutti andavano via, i campi del Meridione sarebbero stati abbandonati in direzione di un declino irreversibile.
Il governo fece ben poco sul piano legislativo per fronteggiare la drammatica crisi del Mezzogiorno contadino. I due piani verdi di recupero agricolo destinavano fondi solo alle aziende della pianura, lasciando morire quelle collinari e montuose. Inoltre, l'Italia fu molto sensibile alle pressioni del Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia Agricolo che snobbavano i prodotti agricoli italiani come frutta, verdura e vino (ma non l'olio d'oliva) rispetto allo zucchero, alla carne, ai cereali e ai prodotti lattiero – caseari del Nord Europa.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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