Skip to content

I decreti Gullo - 1946


I conflitti aumentarono nell'estate del 1946, con la picchiata in salita dei prezzi e del livello di disoccupazione, direttamente proporzionale al malcontento per l'azione delle sinistre dentro il governo. La situazione di maggiore tensione era nelle campagne: le agitazioni contadine per assicurare l'attuazione dei decreti Gullo raggiunsero il culmine nell'autunno del 1946, ma malgrado l'intensità e l'impegno, il movimento si concluse complessivamente con una sconfitta. Alcuni punti del programma Gullo, come quello sull'abolizione dei mediatori, non fu nemmeno preso in considerazione, ma anche i più moderati decreti sull'occupazione delle terre incolte e sulla revisione dei patti agrari ottennero successo solo localmente e temporaneamente. La causa politica di tale sconfitta risiede principalmente nell'ostilità di liberali e democristiani, che imposero una serie di modificazioni essenziali. La più importante fu certamente la loro insistenza affinché òe commissioni locali, che dovevano decidere sulla legittimità delle occupazioni delle terre, fossero composte dal presidente della Corte d'Appello, da un rappresentante dei proprietari e da uno dei contadini. I democristiani, inoltre, preoccupati che la popolarità di Gullo potesse corrodere la vasta riserva di voti rurali meridionali su cui facevano grande affidamento, lavorarono sodo per rimpiazzare Gullo con Antonio Segni. Va anche detto che gli oppositori della riforma agraria meridionale non avrebbero avuto vita facile senza la complicità del partito comunista, disposto a venire incontro a Gullo solo fino a quando ciò non avrebbe compromesso l'alleanza con la DC. Una pavidità che diventa plateale quando si analizza l'ultimo dei principali decreti del pacchetto Gullo: premi di produzione ai contadini e riduzione degli affitti in cambio della consegna dei prodotti ai granai del popolo. Un decreto dichiarato illegale prima dalla magistratura di Sassari, poi a ruota da altri e infine confermato in Cassazione nel maggio del 1946, nonostante il ministero della Giustizia fosse in mano a Togliatti, che nulla fece per epurare l'amministrazione giudiziaria dagli elementi fascisti che la popolavano.
Occorre infine notare che gli stessi contadini ebbero difficoltà a mantenere una loro unità. Le terre che le cooperative riuscivano ad acquistare non erano solo limitate per estensione ma anche qualitativamente povere: troppi membri per troppo poca terra. In queste condizioni si affacciarono subito divisioni, e i contadini più poveri dovettero spesso disfarsi dei loro piccoli appezzamenti e venderli a quelli più ricchi. Si aggiunga che i piccoli proprietari, la base della Coldiretti, si sentiva minacciata da queste riforme che indebolivano il loro ruolo.
Se i decreti Gullo fossero stati accompagnati da un esteso programma di aiuti statali ai contadini medi e poveri, forse i piccoli proprietari avrebbero potuto essere sottratti alla loro tradizionale alleanza con le élites proprietarie. Gullo si premunì, infatti, inserendo nella legislazione delle garanzie per ampie facilitazioni di credito alle cooperative, che però mai furono liquidate.
Intanto in Italia centrale, Umbria, Toscana e parte dell'Emilia e delle Marche, i mezzadri ingaggiarono una battaglia senza precedenti per modificare i rapporti tra proprietari e contadini. Le principali richieste erano: almeno il 60% del prodotto, il diritto di partecipare alla gestione dell'impresa, la giusta causa per la disdetta, la fine dei servizi gratuiti e delle regalie, pagamento dei danni subiti dalle case coloniche e dal bestiame durante la guerra e saldo dei conti a scadenza annuale. Un programma ambizioso ma realistico, che diede vita ai consigli di fattoria. Fu un periodo di aspri scontri, minacce, e persino di intimidazioni a colpi di pistola. La dove il governo Parri fallì nella mediazione, riuscì De Gasperi con quello che divenne famoso come il lodo De Gasperi: esso stabiliva una contribuzione del 24% da parte dei proprietari per riparazioni post belliche, da aumentare al 34% il successivo anno, convenendo comunque sull'impossibilità di dividere il prodotto a metà e stabilendo lo scioglimento dei consigli di fattoria. Una soluzione di vantaggio a breve termine per i mezzadri e di lungo termine per i proprietari, che vinsero poi nel 1947 con Antonio Segni, il quale stabilì il 53% di produzione ai mezzadri e un 4% annuo di accantonamenti padronali per migliorie; sostanzialmente un fiasco per i contadini.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.