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Le elezioni del 1946


Il 2 giugno 1946 gli italiani, e per la prima volta le donne, votavano liberamente dopo vent'anni, per scegliere tra monarchia e repubblica e per eleggere i loro rappresentanti all'Assemblea Costituente. Con il 54,2 % dei voti vinse la repubblica e il referendum mise in luce la profonda spaccatura tra il repubblicano centro – nord e il monarchico sud, eccezion fatta per la poverissima Basilicata, rovinata durante la guerra da enormi occupazioni di terre.
All'inizio Umberto chiese tempo, attaccandosi a pretesti quale il fatto che il risultato era valido solo sulla base dei voti ritenuti validi ma non sulla base di tutto l'elettorato; si iniziò a vociferare di un appoggio dell'esercito al re ma De Gasperi e gli altri ministri rimasero al loro posto, così che alla fine Umberto fu esiliato ed Enrico De Nicola, giurista liberale napoletano e ultimo presidente della camera prima di Mussolini, divenne capo provvisorio dello Stato.
L'elezione dell'Assemblea Costituente regalò alla Democrazia Cristiana il primato di voti (soprattutto nel sud rurale), seguita da PSIUP e poi PCI. Nei diciotto mesi successivi essa si dedicò alla stesura della Costituzione della Repubblica. Vennero definite una forma di Stato e di governo conformi ai tradizionali canoni della democrazia rappresentativa; il regime parlamentare venne organizzato secondo il principio bicamerale e le elezioni erano su base proporzionale pura, così che nessun partito fosse escluso. Il Vaticano spinse per un sistema statale presidenziale, all'americana, ma i rifiuti furono unanimi.
Alcuni articoli della Costituzione furono storici, come il 4, il 5, il 42 e il 46 ma la loro importanza fu vanificata quasi interamente nel febbraio del 1948 quando la Cassazione stabilì una distinzione tra norme dette precettizie e norme dette programmatiche. Molti articoli innovatori rimasero lettera morta, alcuni codici e alcune leggi fasciste non furono mai abrogate e alcuni organi stabiliti dalla Costituzione comparirono in enorme ritardo: Corte Costituzionale (1956), CSM (1958), così anche l'autonomia regionale e il diritto di ricorrere ai referendum, solo nel 1970 realizzati.
Il lavoro dell'Assemblea Costituente fu contraddistinto da due battaglie per le libertà civili:
- Articolo 7: i rapporti tra Chiesa e Stato → il Vaticano spingeva per il mantenimento dei Patti Lateranensi del 1929 e la ferma opposizione del PCI crollò vergognosamente il 24 marzo del 1947, quando votarono anch'essi a favore dell'articolo 7, Teresa Noce esclusa.
- Articolo 29: la lotta contro l'indissolubilità del matrimonio → lo sconosciuto deputato Umberto Grilli, socialdemocratico, presentò emendamento perché si togliesse qualsiasi accenno all'indissolubilità del matrimonio. Nonostante la pavidità del PCI l'emendamento incredibilmente passò, per 194 voti contro 191; una vittoria che servirà molto durante il conflitto sul divorzio del 1974.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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