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Pittaluga e Cines. Prima industria italiana del cinema


Tra 1905 e 1912 la produzione nazione presenta una sviluppo rapido, attraversando poi una fase di crisi che risente della crisi internazionale. Dilaga la febbre produttiva vengono investiti capitali da ogni provenienza, Stefano Pittaluga prima figura di imprenditore capace di ottenere un sostegno governativo all’industria del cinema. Per un periodo Torino fu la capitale produttiva a cui si aggiungono Roma, Milano e Napoli a cui in sottordine si possono aggiungere Genova, Palermo, Catania e Venezia dove però si tentano monoproduzioni dello spazio di un film. Il policentrismo produttivo è dovuto ad una divisione significativa delle competenze linguistiche e culturali; inoltre la fisionomia delle prime case di produzione appare legata all’economia del territorio. La prima guerra mondiale fungerà da spartiacque favorendo la concentrazione produttiva a Roma. La produzione torinese tende a confrontarsi internazionalmente con quella d’oltralpe, giungendo ad essere la capitale mondiale del cinema per qualche anno; la romana tende alla celebrazione dei fasti imperiali.
Cines prima società di produzione per azioni nasce nel 1905 come Alberini & Santoni e diventa cines nel 1906, arriva ad aprire una succursale di vendita a New York.
Le case di produzione tendono a differenziarsi per filoni tematico stilistici.  Dal 1909 si comincia a parlare di crisi, manca originalità e si comincia a riprodurre i modelli di successo.
C’è una fase di riassestamento in cui nell’industria investono gli aristocratici contribuendo alla qualificazione artistica dei film. Il triennio che precede la guerra è la fase di maggior espansione e consolidamento delle strutture: il sistema divistico italiano conquista l’estero. Tra la Cines di Roma e la Georke Klein di Chicago viene siglato un accordo di esclusività, nel 1913 si ha l’avvento del lungometraggio

Con una serie di tableaux vivants i registi della cines riescono a spremere poemi omerici opere shakespeariane ed animare i cicli pittorici medievali. Si fa un lavoro di creazione dell’iconografia cinematografica basandosi sulla letteratura, mirando quindi alla conquista di un pubblico borghese.  La preponderanza tematica è sempre laica. Lo sforzo di traduzione testuale porta all’affermarsi di rigidi canoni utili anche all’unificazione linguistica. Schiere di intellettuali si accostano al cinema proponendo prestazioni  a pagamento tentando di effettuazione azioni di riduzione mantenendo intatto lo spirito del poema classico: Nasce così una nuova figura di salariato che sintetizza poemi in poche didascalie.

Tratto da STORIA DEL CINEMA ITALIANO di Asia Marta Muci
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