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Violenza politica e guerra civile nella repubblica di Weimar – Hans Ulrich Thamer


L’eredità della via particolare pesò anche sull’ordine costituzionale della Repubblica di Weimar. La coscienza politica e il comportamento dei tedeschi non erano all’altezza degli obblighi e delle aspettative della teoria costituzionale. Per i partiti politici la rivoluzione del 1918-19 non ebbe il significato di una rottura radicale. Già al momento della fondazione della repubblica, la configurazione partitica non corrispondeva al sistema parlamentare e alle sue forme di comportamento. Per i partiti l’eredità politica della Germania Guglielmina costituiva un fardello pesante, avendo questi una scarsa esperienza parlamentare. Allo stesso tempo i partiti tradizionali erano incapaci di legare a sé gruppi non integrati politicamente, quei gruppi che cercavano una patria politica e che, infine, la trovarono nei programmi antidemocratici e nelle nuove identità offerte dall’estremismo, in particolare dal nazionalsocialismo.

La violenza politica e la minaccia della guerra civile gravavano sulla cultura politica della repubblica. A partire da una tale situazione emotiva non si poteva arrivare ad approvare l’ordinamento parlamentare-liberale. Fin dall’inizio la repubblica si era dovuto confrontare con movimenti e correnti di pensiero che le si contrapponevano ostilmente. Ma nuovi erano la radicalità e gli elementi tipici di uno stile rivoluzionario con cui ora la destra politica lanciava i suoi attacchi contro lo Stato. Il rifiuto radicale del liberalismo, del parlamentarismo e di uno Stato fondato sui partiti rientravano negli schemi di pensiero più importanti di quel pensiero antidemocratico; esso s’impossessava ora di partiti interi e gruppi di popolazione.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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