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La lettura tayloriana delle fabbriche alla fine del XIX secolo


Taylor assicura che esiste la possibilità di superare per sempre tensioni, disordini e conflitti, non mediante repressione violenta, ma imboccando la strada dell’Organizzazione scientifica del lavoro.
Si tratta di una completa rivoluzione mentale che dovrà coinvolgere tutte le componenti sociali impegnate nel lavoro di fabbrica, dal padrone all’ultimo manovale.
L’inizio di un’era di abbondanza, dovrà sancire la fine dei conflitti sociali; per avere abbondanza però occorre aumentare la produttività, e per aumentare la produttività occorre aumentare il rendimento della manodopera, quindi affidarsi all’Organizzazione scientifica del lavoro.
La via del benessere e del progresso passa attraverso la collaborazione tra le parti sociali per migliorare attraverso mezzi scientifici e non con la lotta di classe che invece porta ad un rallentamento intenzionale e sistematico del lavoro (soldiering).
Taylor ne vuol dare una spiegazione individuandone tre cause:
l’”errata convinzione” che un aumento della produttività provochi la perdita del lavoro per un numero notevole di persone
i “sistemi imperfetti di organizzazione” (sistemi paga e rapporti sociali) che costringono gli operai a lavorare ad un ritmo più lento al fine di salvaguardare i loro interessi
l’”inefficienza dei metodi empirici” usati nelle aziende che portano allo spreco di gran parte dello sforzo produttivo.
La credenza che l’aumento della produzione provochi disoccupazione per eccesso di produzione  è  errata.
L’argomento usato per confutare questa credenza si rifà al liberismo classico: l’aumento della produttività comporta una proporzionale riduzione dei prezzi e quindi un maggiore assorbimento sul mercato.

Tratto da STORIA DEL PENSIERO ORGANIZZATIVO di Priscilla Cavalieri
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