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La società dell'antico Egitto

La società egizia è di solito resa con l’efficace metafora della struttura piramidale. Effettivamente si trattava si una struttura sociale fortemente gerarchizzata. Al vertice era naturalmente il faraone: dotato di un potere assoluto e considerato come una divinità (l’Antico Egitto è probabilmente la civiltà in cui questo tratto fu più marcato). Seguiva la potentissima casta sacerdotale, che era a sua volta strutturata: alla base stavano i sacerdoti addetti alla celebrazione dei riti, poi c’erano alcuni ruoli intermedi e, infine, il primo sacerdote della divinità; durante l’epoca d’oro dell’impero, il primo sacerdote del dio tebano Annone (che era la divinità principale), fu in termini di potere secondo solo al faraone. Al terzo posto veniva la burocrazia statale, composta dal visir e dai governatori provinciali in qualità di alti funzionari, e poi da una numerosa schiera di scribi, che materialmente gestiva la macchina statale. I soldati erano al quarto posto: l’Egitto, al contrario di altri popoli coevi, come gli hittiti o gli assiri, non dava grande prestigio al mestiere delle armi; la truppa ad esempio era perlopiù composta da mercenari stranieri: libici e nubiani durante il Nuovo Regno, siriani e greci nel periodo della decadenza. Fra gli egizi -a parte i nobili che diventavano ufficiali- solo i contadini sceglievano, in certe occasioni, di andare a combattere, ricevendo in cambio un appezzamento di terra al congedo. Mercanti e artigiani venivano al quinto posto, seguiti dai contadini; gli schiavi chiudevano la piramide sociale. 

IL CLERO
Come si è accennato al casta sacerdotale era potentissima, tanto da giungere in più occasioni al conflitto di potere col sovrano o a danneggiare seriamente l’economia per l’eccessiva accumulazione di terre da parte dei templi. Ciò era fondamentalmente dovuto alla centralità che la religione assumeva nella civiltà egiziana. L’origine del potere del faraone deriva da dio, e con essa anche tutta la giustificazione ultima della struttura sociale. Poi, ma non meno importante, il fatto che la stessa cultura ed identità nazionali fossero letteralmente fuse all’elemento religioso; così ogni città aveva il suo dio patrono ma c’era anche un dio principale adorato in tutto l’Egitto. La casta sacerdotale, quale custode del rapporto con gli dei, era perciò la garante dell’ordine sociale, dell’unità nazionale e della giustizia; si trattava di un ruolo fondamentale; tanto che durante tutti i momenti di dominazione straniera o di disordini interni fu in realtà essa a gestire veramente il potere nel paese.
Un altro motivo era di ordine economico: i templi erano ricchissimi, sia per i tesori di oro ed argento che custodivano, sia perché controllavano vastissime estensioni di terre, agendo nel mercato agricolo similmente ad un grande latifondo. In diversi momenti della storia egizia i faraoni dovettero intervenire (peraltro spesso senza successo) per ridurre il potere economico dei templi, che arrivavano a ridurre in schiavitù per debiti i contadini incamerando anche le loro terre. 
Infine i sacerdoti gestivano la conoscenza: matematica, geometria, astronomia, medicina. Ogni tempio aveva la sua scuola, ma il sapere era impartito solo ad una ristrettissima cerchia di adepti. L’Antico Egitto aveva raggiunto un alto livello di conoscenze scientifiche e tecnologiche, e la maggior parte di queste erano appannaggio della casta sacerdotale. 

LA BUROCRAZIA
L’apparato statale egiziano aveva due caratteristiche: era vastissimo ed era minuziosissimo. Erano gli scribi ad azionarne i meccanismi, registrando ogni singolo aspetto della vita sociale ed economica: c’era il catasto, il registro dei contratti di lavoro, la grande macchina della giustizia, l’ufficio degli esteri, quello dell’esercito, quello per i granai pubblici, quello per i monumenti funerari e diversi altri. Tutto era registrato, annotato, archiviato; è impressionante la quantità di dati che è giunta sino a noi, pur dovendo attraversare più di tre millenni di storia. 
Gli scribi conoscendo la scrittura erano glia artefici di tutto ma anche di più: erano il tramite fra il faraone e l’uomo comune, illetterato, che attraverso lo scriba dialogava con l’immenso apparato pubblico. Non sorprende quindi che essi venissero subito dopo il clero nella piramide sociale.

I CONTADINI
Vera forza motrice dell’impero i contadini conducevano una vita dura. Dopo la semina essi prestavano le loro braccia alla manutenzione dei canali, quindi mietevano il raccolto. Esauriti i compiti legati all’agricoltura erano chiamati a corvé nell’edificazione dei monumenti, dove lavoravano come impastatori di mattoni, trasportatori, scavatori, tagliatori di blocchi di pietra. Diversi testi raccontano la vita del contadino nei campi allestiti ai piedi dei grandi monumenti: era tutto meticolosamente organizzato, con periodi di pausa predeterminati e la fornitura da parte dello stato del vitto, ma a parte questo era un lavoro durissimo e sfibrante. 
A tale compito era destinato lo schiavo, che conduceva una vita simile a quella del contadino, ma più dura. Schiavi erano soprattutto i prigionieri di guerra nubiani, ma potevano diventarlo anche i debitori inadempienti. La legge prescriveva norme precise a tutela dello schiavo, il quale era comunque considerato una proprietà. A qual che è dato sapere -e non se ne sa molto- essi venivano trattati con umanità. 

Tratto da STORIA DEL VICINO ORIENTE ANTICO di Lorenzo Possamai
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