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Il secondo periodo Ming

A partire dal 1450 circa, cominciarono a manifestarsi nella loro vasta dimensione le conseguenze delle riforme varate da Zhu Yuanzhang e da suo figlio Young: cioè l’espansione della produzione agricola, il grande boom demografico, l’ascesa sociale di una nuova gentry sempre più legata alla gigantesca macchina statale. Tutto questo sviluppo economico fece a sua volta impennare il settore commerciale ed industriale, in una sorta di nuova rivoluzione, che senza timore di’iperbole, cambiò il volto della Cina, modernizzandolo ampiamente. Anche l’arrivo degli europei, che portarono in Cina nuove colture come il mais, le patate e arachidi, ebbe impatti enormi, permettendo al nascita di interi nuovi settori produttivi. 
È di questo periodo infatti la grande crescita di alcune città e porti, la trasformazione delle già grandi officine sviluppatesi in epoca Song e Yuan, in impianti con migliaia di operai, specie nel settore metallurgico, degli armamenti, e del cotone. Si formò una vera e propria specializzazione regionale, con la seta de Jiangsu, la carta nel Jiangxi, il cotone nel l’Hebei. Iniziando a comprendere il nuovo corso, con il settore produttivo ormai troppo ampio per poter essere controllato, lo stato cominciò a concedere una certa liberta: caddero i monopoli commerciali ed anche il prestigio sociale dei mercanti aumentò. Lo stesso avvenne nella pratica con il commercio, dove le restrizioni ebbero come unico effetto quello di favorire la pirateria e il contrabbando. Altre tendenze generali furono la discesa dell’importanza della via della seta (a causa della circumnavigazione dell’Africa realizzata dagli europei); l’aumento della mobilità sociale (grazie al commercio e alla dilatazione della macchina statale); infine dobbiamo ricordare che come in epoca Song i militari furono mantenuti fuori dalla vita politica. 
Ma questi grandi cambiamenti ebbero anche effetti negativi. In particolare modificarono la società ad una velocità superiore a quella con la quale le autorità riuscivano a mantenere aggiornati i registi della popolazione redatti da Zhu Yuanzhang al fine di mantenere efficiente il sistema fiscale e i registri del servizio militare. Già da tempo si era resa palese la necessità di varare in tempi brevi una nuova riforma fiscale che permettesse di riportare l’ordine nel caos in cui era caduto il sistema fiscale; protagonista di questa grande riforma fu lo statista Zhang Juzheng (1525-82) che elaborò la riforma dell’unica forza, con la quale varie tasse furono raggruppate in un’unica imposta semplificando le procedure e garantendo al bilancio imperiale un’impostante boccata d’aria. 
Altro grave problema del secondo periodo Ming fu il crescere a corte del potere degli eunuchi, che si trasformarono in una vera e propria cricca in grado di bloccare l’operato dei governi e anche degli imperatori a loro avversi. Si trattava di un fenomeno comune nella storia cinese, ma nel periodo che va dal 1506 al 1620, lo strapotere degli eunuchi raggiunse livelli talmente elevati da poter essere considerato la causa più diretta della decadenza della dinastia. Ad esso vanno ricollegate infatti anche le molte rivolte che scoppiarono nell’ultimo ventennio del periodo Ming, cioè dal 1620 al 1644. Durante questa seconda fase della dinastia infatti, anche l’espansionismo dei barbari del nord si mantennero moderato e tutte le guerre che scoppiarono fra loro e i cinesi furono determinate dall’ostinazione del governo imperiale a mantenere attive le severe restrizioni al commercio. Le restrizioni commerciali furono anche alla base di alcune rivolte scoppiate nell’ultimo decennio del ‘500, quando il governo imperiale reagì all’occupazione giapponese della Corea interrompendo le relazioni con lo stato nipponico. 
Ad abbattere la dinastia (indebolita dal potere degli eunuchi, dal perenne deficit del bilancio statale, dai profondi sommovimenti nel sistema economico), furono infine due grandi rivolte che ebbero origine nel Nord, dove il malcontento per una siccità nel 1627 si fuse alla frustrazione dei militari malpagati e al licenziamento (nel 1629) di una parte delle truppe adibite al servizio postale. Nel 1630 sembrò che l’esercito imperiale riuscisse a riassumere il controllo della situazione, ma nell’arco di pochi mesi i ribelli, guidati Li Zicheng, riuscirono ad avere il sopravvento e ad entrare in Pechino il 14 aprile 1644, mentre l’ultimo imperatore Ming si suicidava nel cortile del palazzo. 
Li Zicheng ebbe però vita breve, perché il potente generale Wu Sangui, che controllava le truppe del Liaodong, stanziate a sbarramento dei barbari mancesi, decise di allearsi con questi ultimi e marciare sulla capitale. Li Zicheng fu sconfitto e i mancesi si insediarono indisturbati a Pechino, mentre Wu Sangui completava per loro conto la pacificazione del paese. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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