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L’origine della potenza mancese

I mancesi appartenevano alla stirpe dei Nuzhen, la stessa che nel 1100 aveva fondato l’Impero sino-barbarico dei Jin, che prima di essere spazzato via dalle orde mongole, si estendeva sui territori della Cina settentrionale e della Manciuria meridionale. Dopo la conquista mongola quindi, le tribù Nuzhen erano cadute sotto la giurisdizione dell’Impero cinese degli Yuan prima, e poi sotto il dominio dei Ming, che, come abbiamo visto, avevano istituito vari protettorati militari nel Liaoning e nella regione della Manciuria. I Nuzhen -che erano divisi nei tre gruppi etnici dei Jianzhou, degli Haixi e dei Donghai- avevano pertanto subito una profonda sinizzazione, specie gli Jianzhou che abitando nei pressi del Liaoning e che mantenevano intense relazioni commerciali sia con l’Impero Ming che con il Regno di Corea. 
I rapporti fra Nuzhen e le due grandi entità politiche confinati (Cina e Corea) furono salvo alcune guerre scatenate per ragioni commerciali, di amicizia e rapporto tributario. La situazione cominciò ad evolversi con l’elezione di Nurhaci a capo del gruppo dei Jianzhou nel 1583. Egli iniziò ben presto un’opera di sottomissione degli altri gruppi Nuzhen, riuscendo nel 1593 a sottomettere gli Haixi e nel 1616 a farsi proclamare Gran Khan di tutti i Nuzhen. Nonostante avesse iniziato il suo regno confermando i tradizionali rapporti di sottomissione a Pechino, Nurhaci mutò gradatamente politica man mano che cresceva il suo potere, mentre in Cina si guardava alla sua ascesa con apprensione. Nel 1618 Nurhaci diede inizio alla guerra contro la Cina, riuscendo a sconfiggere l’esercito imperiale a Liaoyang e conquistando, nel 1621, la città di Shenyang, nella pianura centrale del Liaoning, che avrebbe eretto a capitale quattro anni dopo. Ma l’opera di Nurhaci non si limitò alle attività militari. Con un’intelligente politica diplomatica, si assicurò l’appoggio dei mongoli orientali, e soprattutto pose le basi della potenza mancese attraverso una vasta serie di riforme interne, volte da un lato a ridurre il potere dei capi clan (che avrebbe impedito qualsiasi processo di centralizzazione dello stato), e dall’altro a modernizzare il suo paese, con la messa per iscritto della lingua mancese. Grazie all’aiuto di consiglieri cinesi creò un sistema istituzionale, registrò la popolazione civile e costruì una rete di fattorie e postazioni fortificate. 
Alla morte di Nurhaci nel 1626, il figlio Abahai continuò il progetto riformista iniziato dal padre e proseguì la lotta contro i Ming. Numerose incursioni furono compiute da suoi reparti nello Shandong, ma nel 1627 dovette abbandonare questa politica a causa di una grave sconfitta subita dal suo esercito contro quello cinese guidato dal generale Yuan Chonghuan. Diresse quindi il suo espansionismo anticinese verso la Corea alleata dei Ming, che fu invasa due volte, nel 1627 e nel 1637. Un altro fatto importante avvenne nel 1636 quando Abahai cambiò il suo titolo da Gran Khan a imperatore Da Qing, palesando così la sua ambizione a conquistare la Cina. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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