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La polis, cosa significava per l’uomo greco

La polis greca è una città stato. La parte alta della città, l’antico villaggio in cima al colle, è diventato l’acropoli, ossia la cittadella fortificata, dove sorge il tempio della divinità protettrice e dove è possibile rifugiarsi in caso di assedio. Al di sotto si estende l’area urbana, anch’essa protetta da mura, dove vivono gli aristocratici, i filosofici, le guardie, ma anche la maggior parte del popolo: mercanti, artigiani, contadini, pescatori.. I limiti esterni del contado agricolo definiscono i confini dello stato. La maggior parte delle polis è di dimensioni ridotte: Atene e Siracusa, che superavano i 200’000 abitanti, rappresentarono delle eccezioni. Corinto e Tebe, che oscillavano fra i 50 e i 100’000 abitanti, potevano considerasi grandi polis; Sparta, che pure era importante, aveva una popolazione ancora minore. Ciò da un idea delle dimensioni della maggior parte delle polis. 
All’interno della polis non tutti godevano dei diritti politici. Essi infatti erano riservati ai soli maschi maggiorenni, liberi e figli di cittadini della polis. Dei 250’000 abitanti di Atene nel 430 a.C., ad esempio, appena 30’000 erano cittadini, i restanti erano donne, schiavi o stranieri. Non tutte le polis erano rette da un sistema politico democratico, molte erano governate da un tiranno (o re) oppure da una oligarchia (o aristocrazia). In verità difficilmente uno di questi sistemi si presentava in maniera pura. Ogni città aveva le sue leggi e le sue tradizioni. Ciò che veramente contraddistingue la forma di stato della polis non era infatti tanto la struttura politica, le leggi e le magistrature, quanto il fatto che esse erano condivise dai suoi abitanti. Socrate bevve la cicuta nonostante si ritenesse innocente in ossequio alle leggi della sua città. Il sentimento di appartenenza alla propria polis era qualcosa di estremamente forte nel mondo greco, dove per i cittadini il mondo corrispondeva grossomodo alla cinta muraria della propria città. Se i greci non si unirono mai in una nazione è proprio a causa di questo forte senso di appartenenza alla propria polis. Un attaccamento che non si potrebbe spiegare senza l’esperienza del Medioevo. 
Se l’uomo è un animale sociale, la vita dell’uomo greco si svolgeva nella polis. Nella polis nasceva, veniva educato, diventava uomo, si sposava e moriva. Le dimensioni ridotte del territorio e della popolazione, permettevano a tutti di conoscere tutti. Nell’agorà si teneva il mercato, l’assemblea cittadina, i processi; nell’agorà si discuteva di filosofia, si conversava con gli amici, si scambiavano i pettegolezzi. Ogni polis greca era insomma una comunità chiusa, un microcosmo unico e irripetibile. Ecco perché era tanto difficile la formazione di un entità che travalicasse il ristretto ambito della polis. 

Tratto da STORIA DELLA GRECIA ANTICA di Lorenzo Possamai
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