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Le opere di Leonardo da Vinci

Le opere di Leonardo da Vinci




Leonardo da Vinci è figura problematica e importantissima. Nato dopo la metà del Quattrocento (1452) e morto poco prima di Raffaello (1519), appartiene sia al mondo quattrocentesco sia al periodo d'oro dell'arte italiana. Il celebre sorriso di Monna Lisa accenna nel suo arcaismo alla preoccupazione della ricerca e alla costrizione della concezione più antica di fronte ad uno dei più ardui problemi dell'espressione della commozione momentanea (anche il suo paesaggio, ancora tutto dominato dalla tendenza al verticalismo) ma d'altra parte i problemi che pose sul moto psichico e fisico indicano già la via ad una nuova concezione della pittura.
Sappiamo dal Luca Pacioli, dunque dall'ambiente milanese, più vicino a Leonardo, che egli intorno al 1498 aveva già scritto un trattato pittorico intitolato De pittura e movimenti humani e che stava scrivendo altri due trattati, stavolta di meccanica: Del moto locale e Della percussione e pesi delle forze. Pare che egli non abbia mai terminato il grande trattato sulla pittura, che sarebbe stato il maggior monumento di tutta la letteratura artistica italiana. Possediamo tuttavia un abbozzo sommario che ci permette di schematizzarne l'architettura.
Lomazzo ci informa che il trattato sull'anatomia del cavallo è andato bruciato durante i torbidi milanesi del 1499, nei quali è probabilmente andato in fiamme anche l'originale. È dubbio, comunque, che esso esistesse in forma compiuta. Leonardo ha lasciato dei libri di annotazioni e di schizzi che contengono alla rinfusa aforismi, abbozzi un po' più estesi di scritti, disegni tracciati alla svelta o già finiti.
Alla morte di Leonardo, avvenuta in Francia nel 1519, scritti e abbozzi finirono nelle mani dell'amico e scolaro Melzi. I suoi eredi trascurarono questo tesoro e furono abbondantemente sfruttati da gente senza scrupoli come Pompeo Leoni, figlio del celebre scultore Leone Leoni. Pompeo Leoni fece un vero e proprio commercio di queste carte, falsificandone alcune e separando fogli prima uniti, riunendoli in raccolte fatte a seconda del suo giudizio. Nasce così anche il famoso Codex Atlanticus. Ciò che rimase nelle mani del Leoni divenne possesso del milanese Arconati, che donò i volumi (codex atlanticus compreso) all'Ambrosiana, che vantava così il possesso di ben tredici volumi leonardeschi. Ma le rivoluzioni dell'era napoleonica fecero sì che i tredici finissero a Parigi nel 1796. dodici andarono all'Istituto e l'Atlantico alla Biblioteca Nazionale. In Francia i tredici furono trattati con sconsiderato arbitrio. La Restaurazione del 1815 riportò all'Ambrosiana solo l'Atlantico. L'idiozia del commissario austriaco per il Regno Lombardo – Veneto, infatti, gli fece scambiare per cinese la scrittura a specchio di Leonardo, e poco mancò che anche l'Atlantico non tornasse più in sede. I dodici rimasero in Francia nonostante l'interessamento di Canova e Benvenuti, commissario del Papa e della Toscana.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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