Heidegger. Problema ontologico e analitica esistenziale

Heiddeger (1889 - 1976) è allievo di Husserl: comincia con la fenomenologia ma ben presto se ne distacca. Egli è comunemente considerato un esistenzialista, ma in realtà non fu questo il problema più importante nel suo sistema filosofico. Nel 33 scrive un articolo intitolato L’autoaffermazione dell’università tedesca e subito dopo si dimette perché si rifiuta di cacciare gli ebrei dalla sua università. Viene messo in ombra e alla fine della guerra gli anglo americani lo guardano con sospetto. Le sue opere più imp. sono
Essere e tempo (1927)
Lettera all’umanesimo (1947)
In cammino verso il linguaggio (1959)
Il suo problema principale è il problema ontologico: egli durante tutta la sua esistenza si sforza di capire cosa è l’essere. Egli è (superficialmente) considerato un esistenzialista poiché per risolvere questo problema dell’essere, tenta la strada dell’analitica esistenziale, attraverso appunto lo studio dell’esistenza dell’uomo. Egli si accorge che il problema principale a partire da Parmenide è l’essere. Egli allora muove dall’analitica esistenziale perché scorge una qualche possibilità di comprendere l’essere: il suo esistenzialismo è soltanto funzionale al suo obiettivo principale, non l’oggetto del suo sistema filosofico. L’uomo va studiato secondo Heidegger perché egli rappresenta l’essere che si manifesta “qui e ora” dunque “l’esserci” l’essere concretizzato in uno spazio e in un tempo. Egli inoltre va studiato dal momento che è l’unico ente capace di conoscere l’essere, o per lo meno capace di compiere questo sforzo conoscitivo. L’esserci è essenzialmente temporalità perché il tempo è caratteristica fondamentale dell’uomo => esso è unità di passato presente e futuro. In realtà egli lascia incompiuto il suo scritto Essere e tempo poiché si accorge che tale prospettiva non lo aiuta a perseguire il suo obiettivo.