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Politica e religione in Botero



Nella seconda metà del 500, si sviluppa nel campo della scienza politica un pensiero orientato a riproporre il primato della religione sulla politica: di qui una serrata polemica contro il machiavellismo. La tendenza è in particolare quella di proporre una “ragion di stato cattolica” contrapposta appunto alla ragion di stato di Machiavelli e Bodin. Dunque uno stato legiferato all’interno del controllo e dell’indirizzo cattolico. Il rappresentante più illustre è Botero (1544-1617) attento lettore di Bodin. Il suo capolavoro La ragion di stato suscitò in Italia per circa mezzo secolo, una miriade di imitazioni. Con Botero la Controriforma scende sul terreno del pensiero politico. Secondo Botero il principe non deve ispirarsi a motivi utilitaristici, ma a principi etico-religiosi. Termini come stato, potere, sudditi, ragione di stato vengono dal filosofo mutuati in termini che nulla hanno a che fare con la preoccupazione sulle radici storiche di un popolo; di qui le definizioni di stato come “dominio fermo sopra popoli” e della ragione di stato come “notizia di mezzi atti a fondare, conservare e ampliare un dominio così fatto”
La ragion di stato ha la forma tradizionale di una raccolta sistematica di consigli al principe. La buona reputazione che il principe guadagnerà grazie alla giustizia è la fonte del consenso dei sudditi. Il principe dovrà ispirarsi a valori pacifici, ma senza dimenticare l’importanza delle armi, perché la pace disarmata è debole.
Dove Botero si mostra più attento e aperto al nuovo è in materia fiscale. La ricchezza dello stato non si misura sul possesso dei territori ma sulla produzione e sullo scambio di merci.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA di Carlo Cilia
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