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L'antitesi di nero verso bianco in La bellissima nera - G.B.Marino



Nella quartina e terzina che seguono, il paradosso, in certo senso già completo, si sviluppa in termini sia culturali che sociali. La bellissima nera non vince solo fra le coetanee, ma anche rispetto alle antiche, secondo una logica dell'epoca che ha prodotto la Querelle des anciens et des modernes e ha rilanciato l'icona concettuale medievale del nano sopra la spalla del gigante. Il tutto dispiegato con un gioco di prestigio stilistico che sembra essere, nella forma, l'equivalente di ciò che nel concetto è appunto il paradosso. Con iperbato e chiasmo pura si riferisce a luce come viva si riferisce ad arsura (che ha anche valore di “brillìo”) e ai versi 7 – 8 si ha chiasmo integrale su tre elementi. Anche qui il poeta scava dentro la verità dell'apparenza, poiché è il nero assoluto, d'inchiostro, a produrre quella luce che tradizionalmente emana dal candore. Il che non è affatto sfumato dalla forma interrogativa con cui si presenta, la quale invece un po' dissimula un po' esprime la secentesca “meraviglia”.
Nella prima terzina s'affaccia esplicitamente la dimensione sociale: da una parte nel gioco di parole su servo, inteso ancora una volta in senso duplice, e dall'altra nell'allusione, presente in un altro testo del Marino, al gioco di legarsi al braccio una treccia di capelli dell'amata in segno di servitù amorosa: ciò che anche rende visibile quella servitù. Ancora una volta i valori estetici ricevuti sono rovesciati: nessuna candida mano, attributo anch'esso topico della bellezza delle bianche, potrà sciogliere chi scrive da quel laccio bruno; è di nuovo la vittoria del nero sul bianco, e si può dunque pensare che quel “bruno laccio” contenga, al di là della lettera, un valore di sineddoche.
La seconda terzina spinge il rovesciamento dei valori al massimo, alla sconfitta del luminoso sole reale di fronte a quello che possiamo chiamare il sole nero, facendo scorrere il paradosso logico su quello linguistico dell'equivocazione sole – solo. Il nuovo sole ha infine questo di singolare e mirabile, che porta in sé, nel suo volto, il proprio normale opposto, l'oscuro della notte, ma per giunta un biancore diurno – finora mai nominato – negli occhi che, fa intendere Marino, più spicca proprio nel contrasto col nero del volto e del corpo tutto, facendolo maggiormente risaltare: il che è espresso ancora una volta in forma antitetica, notte – giorno e sono due termini che ampliano a un livello più alto, cosmico, l'antitesi di nero vs bianco: e trasversalmente l'ultima parola del testo, giorno, si oppone alla prima, nera, trasfigurandola.

Tratto da STORIA DELLA LINGUA ITALIANA di Gherardo Fabretti
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