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Le nuove forme musicali di Monteverdi


Dall’ottavo libro di madrigali, nel 1638, è quasi scomparsa la forma tradizionale. Monteverdi presenta una raccolta fatta di voci e di strumenti tra i più svariati, sia per le forme sia per il numero di parti, ponendo particolare attenzione all’architettura generale, che intende offrire un compendio delle maniere di far musica, che dovevano essere di tre tipi: oratoria, armonia e ritmica. Erano forme che già allora rispondevano alle moderne forme sociali di consumo che nel ‘600 venivano chiamate da teatro, da camera, da ballo, e che oggi chiameremmo da opera, concerto e balletto. Nel libro ottavo compaiono tutte: musica da ballo (tutto il gruppo di composizioni che chiudono la prima parte), canti senza gesto, destinati al puro ascolto (ad esempio Il lamento della Ninfa) e i lavori drammatici (due: Il combattimento di Tancredi e Clorinda e Il ballo delle ingrate). Il combattimento di Tancredi e Clorinda è tutto basato sul contrasto tra la passione guerriera e quella amorosa. Proprio per sottolineare meglio il contrasto, Monteverdi dice di avere inaugurato un nuovo tipo di stile, da affiancare al temperato e al molle: lo stile concitato, che si riconosce per la rapida sillabazione sopra una nota, o per la veloce ripercussione di questa da parte dello strumento, secondo la figura metrica greco – latina del pirrichio.
Monteverdi si dedicò anche alla composizione di musiche liturgiche, in particolare dal 1613 in poi, quando divenne maestro di cappella di San Marco a Venezia. Il 1610 è però importante, perché compaiono due suoi importanti lavori, ispirati, come spirito tridentino voleva, al culto mariano: Sanctissimae Virgini Missa e Vespro della Beata Vergine. Il secondo, in particolare, ha un particolare carattere di visionaria drammaticità.
Della monumentale opera religiosa monteverdiana abbiamo poco. L’unica raccolta che Monteverdi fece in tempo a pubblicare fu Selva morale e spirituale, una sorta di corrispettivo sacro dell’Ottavo Libro di Madrigali.
Di Monteverdi possediamo anche due importanti opere teatrali: Il ritorno di Ulisse in patria (1640) e L’incoronazione di Poppea (1642). Sono opere che si liberano delle ritualità aristocratiche dello spettacolo di corte, diventate ormai mature per poter affrontare i gusti e i giudizi di un pubblico più vasto e meno selezionato. In particolare nella Poppea, Monteverdi dipinge la situazione storica contemporanea, attraverso il filtro della metastoricità, giudicandola e criticandola. A conti fatti, tra la società seicentesca e la Roma di Nerone, non c’erano poi tutte queste differenze.

Tratto da STORIA DELLA MUSICA di Gherardo Fabretti
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