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Filangieri e le facoltà dell'intelletto


Si discosta però da Rousseau dicendo che la diversità non dipende tanto dall'intrinseca e originaria diversità delle abitudini ma dalla diversità delle cause che si combinano per svilupparlo, in particolar modo quelle che dipendono dall'educazione. La sua proposta educativa mirava a promuovere in ciascun individuo il graduale sviluppo delle quattro facoltà fondamentali dell'intelletto:
1. percezione 2. memoria 3. immaginazione 4. raziocinio
che sono sviluppabili solo mediante educazione e istruzione, all'interno di una società la quale, in quanto rappresentante di tutte le volontà, impone delle norme indirizzate al conseguimento del bene comune, che esigono una certa limitazione delle libertà individuali, garantendo, in cambio, sicurezza e ordine. F. poneva il bene comune all'origine delle società civili, e pertanto vedeva in esso l'origine e il motivo delle leggi, e di conseguenza, l'oggetto unico ed universale della legislazione, soprattutto di quella relativa all'istruzione, in quanto era convinto della sua necessità per promuovere proprio il bene comune. Perché ciò fosse possibile, però, l'educazione, pur diversificata secondo il ceto di appartenenza, doveva essere pubblica, universale e regolata dalla costituzione.
Ammetteva poi che l'educazione è in gran parte fondata sull'imitazione e che il governo, destinandovi ottimi educatori, doveva proporsi di formare negli educandi quei tratti di somiglianza necessari per costituire il carattere nazionale. Il problema consisteva nel tenere i fanciulli lontani dalla fonte dell'errore mediante l'apporto di un'educazione pubblica, regolata dal magistrato e dalla legge.
Filangieri riconosceva la libertà di scelta ma, dimostrando di conoscere molto bene la triste realtà morale ed economica della popolazione napoletana del tempo, dubitava che l'educazione privata potesse assicurare il raggiungimento degli obiettivi da lui ipotizzati, ribadendo dunque la necessità del compito educativo dello Stato, soprattutto perché riteneva che in famiglia una buona educazione sarebbe stata difficoltosa per vari motivi contingenti. Si imponeva dunque la necessità di allontanare dalla casa paterna il fanciullo, povero o ricco che fosse, per sottoporlo ad una disciplina severa e comune, garantita dal magistrato incaricato dell'educazione pubblica, al quale i padri dovevano presentare i propri figli al compimento del quinto anno d'età.
Tuttavia bisognava evitare che i fanciulli vivessero in solitudine, educandoli invece sin da subito alla socialità e all'educazione, affinché apprezzassero da subito il contributo che ciascuno poteva offrire e nascesse in loro l'amore per la società, la consapevolezza dell'aiuto reciproco e la necessità di confrontarsi con gli altri. Vivendo insieme durante gli anni cruciali della loro formazione, anche la disuguaglianza delle condizioni e delle fortune avrebbe perduto gran parte dei suoi effetti negativi.
Ispirandosi al modello spartano, Filangier sosteneva che la prima educazione, non limitata all'istruzione scolastica, doveva avvenire in un ambiente sano e idoneo a ottimizzare l'attività dell'educatore, la cui azione continua sull'educando doveva fare in modo che gli esempi virtuosi divenissero abitudini, grazie alla presenza costante di modelli da imitare, il che non sarebbe stato possibile qualora, pur ammettendo la eventuale collaborazione delle famiglie, tutta l'educazione fosse stata limitata alle poche ore di lezioni quotidiane impartite in una scuola tradizionale.
F. intese l'educazione nel suo significato più ampio di sviluppo di tutte le energie naturali dell'uomo in ordine al suo fine ma, tutto il complesso delle attività educative doveva mirare a collocare i vari individui nel mondo, tenendo sì presenti le loro diverse inclinazioni ma subordinandole all'interesse generale della società, per cui riteneva necessario che l'artigiano potesse ricevere, durante la sua infanzia, una istruzione atta ad allontanarlo dal vizio ma non quella necessaria a governare o ad esercitare una professione liberale.
L'educazione pubblica, per essere universale, richiede che tutte le classi vi abbiano parte ma non che tutte abbiano la stessa parte. Per questa ragione, durante i primi anni, l'educazione doveva mirare a sviluppare il carattere morale anziché le conoscenze necessarie all'artigiano o al professionista.

Tratto da STORIA DELLA PEDAGOGIA di Gherardo Fabretti
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