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Il clientelismo dei partiti in Sicilia


Consequenzialmente l'allargamento progressivo del corpo elettorale non ha fatto altro che consolidare il potere dei galantuomini, di questa borghesia deviata. Il controllo del consenso elettorale, con i partiti organizzati sul territorio attorno alle famiglie possidenti, diventa strumento pesantissimo di contrattazione: da qui l'ampia demoralizzazione della vita politica, il suo scadere a gioco clientelistico; un gioco attraverso il quale le vicende del centro e quelle della periferia si annodano e la stessa periferia si pone in grado di influenzare, nel gioco delle fazioni e dei partiti, le decisioni del centro, anche grazie alla maggior permeabilità della burocrazia italiana alla corruzione rispetto al corpo dei funzionari borbonici. Il prefetto era molto più malleabile dell'antico intendente borbonico e presto da quello si passò al magistrato e da lì ai deputati e ai ministri in una catena di corruzione senza soluzione di continuità. Da qui, ancora una volta, la critica al sistema democratico, e al suffragio universale. Le elezioni erano un pesante strumento di influenza e ricatto.  Eppure questa lucida analisi di Mosca non è l'ultima. Nel 1933 la sua ultima riflessione si fa involuta, sotto i colpi del clima antiparlamentare fascista e del velleitarismo del prefetto Mori. La voce Mafia, scritta per l'Enciclopedia delle scienze sociali americana, torna ad essere solo un fenomeno rurale mentre il fascismo diventa la panacea al male mafioso, che quasi scompare, dice Mosca.

Tratto da STORIA DELLA PEDAGOGIA di Gherardo Fabretti
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