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Aree fulcro durante la presidenza Kennedy: AMERICA LATINA - INDOCINA - Guatemala


Il GUATEMALA è alla fine della seconda guerra mondiale uno dei paesi economicamente più sottosviluppati e socialmente più arretrati dell’emisfero occidentale. Salito al potere Arbenz, nel giugno 1952 promulga il più vasto programma di distribuzione di terra nella storia dell’America Latina: esso autorizza l’espropriazione di migliaia di acri di terra da ripartire tra le persone che la hanno a lungo coltivata. Ciò non minaccia solo gli interessi dell’èlite di proprietari terrieri guatemaltechi, ma anche quelli delle imprese straniere: nel febbraio 1953 il governo Arbenz notifica alla statunitense United Fruit Company l’espropriazione di 225 mila acri di terreno incolto, a seguito di un indennizzo di 600 mila $ (cioè quanto la compagnia ha dichiarato come valore fiscale della sua proprietà). La compagnia risponde con la richiesta di 15 milioni di $ e si rivolge a Washington. Nel frattempo il governo britannico affronta una situazione analoga in Iran: il Primo ministro iraniano nazionalizza l’industria petrolifera iraniana, irritando i vertici britannici della Anglo-Iranian Oil Company, che si rivolgono a Washington: Eisenhower incarica la CIA di rimuovere il Primo ministro Mossadegh; il successo dell’operazione incoraggia l’amministrazione USA a organizzare una campagna simile contro Arbenz in Guatemala. Quando Arbenz chiede aiuto ai sovietici, ottenendo dalla Cecoslovacchia 2000 tonnellate di vecchi fucili e mitragliatori tedeschi confiscati alla fine della guerra, Eisenhower coglie il pretesto per dare inizio all’operazione CIA; il 18 giugno 200 esuli guatemaltechi addestrati entrano in Guatemala, mentre la capitale viene bombardata da uomini della CIA. Arbenz fugge in esilio, ed il paese sarà in seguito governato da una serie di dittature di destra che mantengono stretti legami con Washington. L’operazione della CIA è il primo esempio di intervento statunitense in America Latina dalla proclamazione della “politica di buon vicinato” di Roosevelt. Le reazioni dei latino-americani che lamentano l’ingerenza statunitense sono molteplici e vengono confermate dall’accoglienza ben poco festosa a Nixon, il cui viaggio “di amicizia” si trasforma in un disastro sul piano dell’immagine. Ciò spinge i funzionari di Washington a prestare maggiore attenzione alla situazione dell’America Latina: sono perciò comprensibili le parole di Kennedy del suo discorso inaugurale del 20 gennaio 1961, durante il quale annuncia un ampio progetto di aiuti statunitensi alla regione come perno della nuova amministrazione. Questo programma di aiuti senza precedenti all’America Latina prevede l’estirpazione di analfabetismo, fame e malattia e aumento della crescita annuale del 2,5%. La differenza di questo programma rispetto al piano Marshall è che esso non prevede una struttura intermedia che sappia destinare i fondi dove veramente ce n’è bisogno, evitando la maldistribuzione. Kennedy si rende in parte conto del problema, così chiede ai paesi destinatari l’approvazione di misure di distribuzione della terra e di riforma fiscale. Di fatto gli aiuti non verranno distribuiti equamente, aumentando così il divario già esistente tra le èlite e i poveri.

Tratto da STORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Alice Lavinia Oppizzi
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