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Le qualità del principe di Machiavelli


Nel Principe vuole individuare le qualità che il principe deve avere per essere lodato e non disprezzato dai sudditi dato che il principe deve far tutto al fine di evitare il loro odio.
La politica è lo studio dei mezzi con cui conquistare e conservare lo stato. Occorre chi e il principe ponga attenzione ai vizi che gli tolgono lo stato. È meglio essre giudicato parsimonioso anziché liberale dato che la libertà lo costringe ad attingere in misura eccessiva ai patrimoni dei sudditi determinando un sentimento di odio per la sua rapacità. È meglio essere considerato pietoso che crudele: però bisogna prestare attenzione al fatto che possono verificarsi situazioni in cui essere pietoso si rivela controproducente per la tranquillità e la pace dei sudditi mentre un atto di fermezza e crudeltà evita mali di gran lunga maggiori. Meglio essere amato che temuto ma data la natura degli uomini è più prudente fondare il potere su un salutare timore.
La prima preoccupazione del principe deve essere di evitare l’odio e il disprezzo, perché la prima passione vince il timore che il potere incute ai sudditi e li induce a combattere il principe, la seconda spezza il vincolo che unisce i sudditi al principe e in caso di necessità non potrà contare su di loro. Solamente la forza e l’accortezza sono i principi fondamentali cui deve ispirarsi l’azione del principe, in quanto solo con questi mezzi le passioni possono essere disciplinate. 

 
Ci sono due modi di governare: il primo con le leggi e il secondo con la forza: questo proprio delle bestie, quello proprio degli uomini. Poiché il primo a volte non è sufficiente, bisogna ricorrere se necessario al secondo. Un principe deve saper bene usare la bestia e l’uomo, la volpe e il leone. 
 
Il principe deve saper dissimulare, saper colorire, cioè trovare le giustificazioni convincenti della mancata osservanza dei patti sottoscritti.
Sono affermazioni che operano una distinzione tra gli interessi politici e i principi fondamentali della morale e sembrano implicare la riduzione della morale alla politica.
Ai fini politici non c’è bisogno che il principe sia pietoso, umano, religioso, sincero, leale, fedele: l’importante è che sembri essere tale e che sembri essere attento osservante della religione.
In politica l’essere non corrisponde al sembrare: noi non sembriamo quello che siamo.
Due sono le sfere nel cui ambito deve essere valutata l’azione: quella privata e quella pubblica, sociale, politica, nella quale l’azione ha una risonanza più ampia. Mentre nell’ambito della sfera del privato sussiste l’uguaglianza tra l’essere e il sembrare, nella sfera pubblica tale corrispondenza viene meno: accade che azioni che hanno come fine il bene dei consociati sembrano per questi ultimi perseguire fini opposti. Per questo il principe deve sembrare umano, fedele, religioso, nel senso che deve comportarsi in modo tale da ingenerare in chi considera i suoi atti il convincimento che questi ultimi sono ispirati a quei valori. La società politica non può esistere senza che questi valori vengano affermati e quindi riconosciuti.

Tratto da STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE di Filippo Amelotti
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