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La crescita dell’economia mondiale e il libero scambio

Nel corso del 29° secolo, l’importanza del commercio era cresciuta enormemente, grazie anche alla migrazione e agli investimenti esteri. Per tutto il secolo, l’Europa controllava almeno il 60% del totale delle importazioni e delle esportazioni, ed era diventata il centro propulsivo che stimolava tutto l’organismo. Vi sono però 2 principali ostacoli che rallentavanono il flusso del commercio internazionale:
- Uno naturale, alto costo dei trasporti che culminarono con il piroscafo transoceanico
- Uno artificiale, dazi su importazioni ed esportazioni, questo ostacolo fu poi annullato nonostante un ritorno al protezionismo che determinò l’introduzione di dazi più alti in molti paesi


La Gran Bretagna adotta il libero scambio

Considerazioni di carattere pratico, spingevano i governi a rivedere i loro divieti e gli alti dazi anche prima del testo di Smith “La ricchezza delle nazioni” a favore del libero scambio internazionale, della specializzazione e della divisione del lavoro tra le nazioni e tra gli individui; e di quello di Ricardo “Principi dell’economia politica” che analizzava la teoria del vantaggio comparato. Queste però erano considerazioni puramente teoriche, e rimasero tali finché la riforma parlamentare del 1832 estese il diritto di voto alle classi medie, in gran parte favorevoli al libero scambio. Simbolo del sistema protezionistico del Regno Unito erano le Corn Laws, leggi sul governo che imponevano dazi sulle importazioni e che rimasero in vigore finché con una campagna di mobilitazione dell’opinione pubblica, si dette vita alle Anti Corn Law League. In campagna elettorale, i tories volevano mantenere le leggi sul grano e sul protezionismo, mentre i whigs volevano abrogarle. Vinsero i primi, ma il nuovo ministro Pell, aveva già deciso di effettuare un’ampia revisione del sistema fiscale che prevedeva l’abolizione delle tasse su esportazioni ed importazioni e l’introduzione di un’imposta sul reddito per compensare la diminuzione delle entrate. Si andò quindi affermandosi una politica liberoscambista, dopo il 1860 rimasero solo pochi dazi sulle importazioni applicati esclusivamente su prodotti non britannici come brandy, vino, tabacco, caffè e pepe.


L’età del libero scambio

Nel movimento verso il libero scambio, fu importante il trattato anglofrancese o Cobden-Chevalier nel 1860. La Francia, aveva seguito una politica protezionistica che consisteva nel divieto di importazione di tessuti di cotone e di lana. Il governo di Napoleone terzo invece preferiva una “politica di amicizia” con la Gran Bretagna. L’obiettivo era di guadagnare status politico e rispetto diplomatico.
Il trattato anglofrancese impegnava la GB a cancellare tutti i dazi sulle imposte di merci francesi tranne il vino e il brandy (considerati prodotti di lusso). Un aspetto più importante di questo trattato fu la clausola della nazione più favorita, cioè che se una delle 2 avesse negoziato con un paese terzo, la controparte nel trattato avrebbe beneficiato di qualsiasi tariffa più bassa eventualmente accordata a quest’ultima.
La GB, che era virtualmente liberoscambista, non aveva potere contrattuale per negoziare con altri paesi, mentre la Francia stipulò contratti con quasi tutti gli altri paesi europei, ad eccezione della Russia.
Oltre ai contratti stipulati con gli altri paesi europei, si aggiunsero anche quelle contenenti la clausola della nazione più favorita. Le conseguenze di questa rete di trattati commerciali furono considerevoli.
Il commercio internazionali crebbe del 10% all’anno per diversi anni; gran parte dell’aumento dipese dal commercio intereuropeo, e paesi di altri continenti.
Un’altra conseguenza dei trattati, fu la riorganizzazione dell’industria imposta dalla maggiore concorrenza. Aziende inefficienti che erano state protette da dazi e divieti, furono costrette a modernizzarsi e migliorare la propria tecnologia per non fallire. I trattati in questo modo favorirono l’efficienza tecnica e aumentarono la produttività.

Tratto da STORIA ECONOMICA di Marco D'Andrea
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